5 luglio 2016: è riconosciuta l’innocenza di Ilaria Capua

Il Tribunale di Verona, il 5 luglio 2016, prosciolse una delle più famose ricercatrici italiane, Ilaria Capua, dall’accusa di aver diffuso ceppi di influenza aviaria per guadagnare dalla vendita dei vaccini. Il Tribunale la prosciolse da tutti i capi di accusa nell’inchiesta della procura di Verona, con la motivazione «il fatto non sussiste» (quindi non solo non lo aveva commesso lei, ma non lo aveva commesso nessuno quel reato: non si era realizzato alcun illecito).

Una delle principali esperte di virologia in Italia – nel 2011 ricevette il “Penn Vet World Leadership in Animal Health Award”, il principale riconoscimento della medicina veterinaria -, che nel 2013 era stata eletta alla Camera dei Deputati con il partito Scelta Civica, fu oggetto di attacchi particolarmente forti, soprattutto, in ambito politico.

Ad esempio, l’On. Marialucia Lorefice (Movimento 5 Stelle), alla Camera dei Deputati, l’11 aprile del 2014, dichiarava:

«Ci sembra lecito in questa sede chiedere le dimissioni da vicepresidente dalla Commissione cultura, ma anche da parlamentare della Repubblica italiana, della deputata Ilaria Capua, convinti che in una situazione del genere sia alquanto difficile riuscire a espletare al meglio il ruolo di non poco conto che si trova a ricoprire». Nello stesso intervento l’On. Lorefice parlava «di persone che mettono la propria intelligenza ed il proprio sapere deliberatamente al servizio del male».

In seguito al “polverone” mediatico e politico scatenatosi contro di lei, Ilaria Capua si dimise da deputata per trasferirsi negli USA, dove venne assunta come direttrice di un centro di ricerca ad Orlando, in Florida.

Allorché fu prosciolta da ogni accusa, un comunicato del gruppo M5s alla Camera conteneva le seguenti affermazioni:

«Ci rallegra la notizia del proscioglimento della deputata e collega e in commissione Cultura Ilaria Capua dall’accusa di essere coinvolta in un presunto traffico illegale di virus. Umanamente non potevamo che sperare che la vicenda si concludesse con un esito positivo”. Nello stesso comunicato era scritto: “Al contempo non possiamo condividere alcuni giudizi espressi da Capua nei nostri confronti e rispedire al mittente le accuse che ci sono state rivolte da alcuni suoi colleghi di partito. Quando, nel 2014, la deputata di Scelta civica venne iscritta nel registro degli indagati dalla procura di Roma noi chiedemmo soltanto una cosa: che Capua lasciasse il ruolo di vice presidente della commissione Cultura».

In realtà, il 7 luglio 2016, Paolo Mieli sul Corriere della Sera scrisse che la deputata del Movimento 5 Stelle «Silvia Chimienti (quella che aveva chiesto le dimissioni immediate) ha telefonato oltreoceano alla Capua per esprimerle il proprio rammarico per la sua presa di posizione di oltre due anni fa».

Ilaria Capua era stata sotto indagine per quasi un decennio, ma la notizia dell’inchiesta era apparsa solo nel 2014, quando il giornalista Lirio Abbate aveva ottenuto parte delle carte dell’inchiesta della magistratura e il settimanale l’Espresso aveva dedicato al caso l’intera copertina.

Ilaria Capua denunciò per diffamazione il direttore dell’Espresso dell’epoca e il vicedirettore Abbate, ma il gip del Tribunale di Velletri archiviò, nell’aprile del 2018, il procedimento, ordinando, però, anche la restituzione degli atti al pubblico ministero per la prosecuzione delle azioni di sua competenza con riferimento al reato di «pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale». Rispetto alla denuncia della Capua, la valutazione del giudice delle indagini preliminari di Velletri circa la copertina dell’Espresso “incriminata” fu che «i termini, le frasi e le immagini utilizzate (…) siano artifizi e mere enfatizzazioni letterarie, impiegati per una personale ma fedele ricostruzione dei fatti, senza avere un carattere denigratorio e lesivo alla reputazione della querelante». Inoltre, il gip valuterà il testo dell’articolo come «una fedele ricostruzione delle risultanze investigative acquisite dalla procura della Repubblica di Roma», ritenendo, dunque, che non si tratti di «una semplice invettiva personale ai danni della Capua, dato il concreto interesse della collettività a conoscere tale vicenda ad alto impatto sociale».

Nel giugno del 2020, intervistandola per Open.online, Serena Danna le ha chiesto:

«Come mai è tornata a occuparsi di virus?»

Questa è stata la risposta di Ilaria Capua:

«Ho capito che c’era troppa confusione. Sentivo persone dire cose completamente sbagliate, e ho avuto paura. L’esperienza “trafficante di virus” mi ha fatto capire la portata della devastazione delle fake news che, per colpa dei social network, hanno un potere di penetrazione pazzesco. Possono influenzare l’andamento della malattia quanto le regole e i decreti».

Rispondendo ad altre domande ha ancora aggiunto:

«Gli attacchi fanno molto male, anche perché sono una persona ancora fragile. Tutte le volte che viene fuori la vicenda giudiziaria sento ancora dolore. Io sono una sopravvissuta (…) Quando ho realizzato che ero accusata di un reato punibile con l’ergastolo mi sono vista in carcere per trent’anni con le prostitute nigeriane. Le carceri italiane sono piene di povera gente, non ci sono le menti criminali…Oggi sono una convalescente»

Alberto Quattrocolo

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