MEDIAZIONE PENALE: progetto ComuniCare

ComuniCare è un progetto indirizzato alle persone non detenute, ma sottoposte a misure penali nei territori della Città di Torino e della Provincia e Città di Cuneo, con lo scopo di sostenerle e accompagnarle nell’acquisizione di consapevolezza e nella responsabilizzazione rispetto ai fatti di reato in cui sono coinvolte. L’Associazione Me.Dia.Re. partecipa dal 2018 al progetto ComuniCare, che è frutto di un lavoro di co-progettazione che ha coinvolto Istituzioni Pubbliche ed Enti del Terzo Settore, con il coordinamento del Ministero della Giustizia – Ufficio Interdistrettuale di Esecuzione Penale Esterna per il Piemonte, la Liguria e la Valle d’Aosta.

In precedenza – dal 2016 – l’Associazione Me.Dia.Re. aveva realizzato il progetto REPAIR, frutto del partenariato fra  Me.Dia.Re, capofila e responsabile delle azioni attivate in collaborazione con l’U.E.P.E. di Torino-Asti e di Alessandria, e la Cooperativa Sociale Emmanuele, responsabile delle azioni attivate in collaborazione con l’U.E.P.E. di Cuneo.

A chi si rivolge

Il progetto Comunicare si rivolge alle persone non detenute, ma sottoposte a misure penali su quei territori, con lo scopo di sostenerle e accompagnarle nell’acquisizione di consapevolezza e nella responsabilizzazione rispetto ai fatti di reato in cui sono coinvolte.

Quali servizi offre

Nell’ambito del progetto ComuniCare l’Associazione Me.Dia.RE. svolge i seguenti servizi:

  • PERCORSI INDIVIDUALI DI MEDIAZIONE PENALE.
    Si offrono percorsi di Ascolto e Mediazione (Percorsi individuali di Mediazione Penale) tra le persone segnalate dall’Ufficio Esecuzione Penale Esterna e le vittime dei fatti da quelle compiuti. Tali percorsi di mediazione penale sono sviluppati attraverso: colloqui individuali con i singoli protagonisti; incontri di mediazione; colloqui individuali-ponte tra un incontro di mediazione e il successivo; colloqui post-mediazione.

    In particolare, rispetto alle vittime l’obiettivo è fornire loro:

    • L’opportunità di uscire dall’isolamento, affrancandosi dal senso di abbandono e solitudine che spesso consegue alla vittimizzazione, attraverso la condivisione del carico emotivo in una condizione di ascolto in un contesto protetto;
    • La possibilità di elaborare ed esporre le proprie istanze, che solo di rado, contrariamente all’opinione corrente, riguardano propositi di vendetta, afferendo invece ad un’esigenza di ricostruzione di senso e di riparazione e superamento del danno sofferto.

    D’altra parte, attraverso tale percorso si fornisce anche al reo una doppia opportunità:

    • Da un lato, quella di esprimere i propri sentimenti, di mostrare alla vittima di essere una persona e non un’astratta entità minacciosa, e di porre rimedio alla propria azione delittuosa;
    • Dall’altro, di entrare in relazione con la vittima, in quanto persona in carne ed ossa, non più come estranea o addirittura come figura astrattamente considerata e vissuta, e di riconoscersi responsabile verso un “Altro-da-sé”. In tal modo, per il reo la norma giuridica infranta, da generale e astratta, giunge ad assumere valore concreto di protezione di un bene preciso e individuabile (quello della vittima), con significative conseguenze anche all’interno del percorso di reinserimento sociale.
  • PERCORSI INDIVIDUALI DI RIELABORAZIONE.
    Alle persone segnalate dall’Ufficio Esecuzione Penale Esterna si offrono anche Percorsi individuali di rielaborazione sul reato commesso. Tali percorsi consistono in più colloqui individuali attraverso i quali si tenta di favorire una riflessione critica rispetto ai reati commessi, sostenendo la persona nel pensare a come la condotta illecita realizzata si collochi rispetto alla sua storia personale e alle sue modalità di risposta agli eventi. Nei colloqui, quindi, si agevolano anche le riflessioni sulle possibilità di reazioni alternative rispetto a quelle adottate e si supporta un’apertura vero la mentalizzazione della vittima, affinché non sia pensata e sentita alla stregua di un’entità astratta, ma come una persona in carne e ossa. L’approccio declinato è quello di un ascolto empatico, a-valutativo, che consente al beneficiario di non avvertire la fatica derivante dall’assunzione di un atteggiamento difensivo. Questa modalità relazionale agevola il progressivo superamento della frequente tendenza a minimizzare la portata dei reati commessi o ad imputarli a “cause sociali” o comunque esterne all’autore, riconoscendo maggiormente il proprio “potere” personale, agito o non agito nell’atto illegale.
  • GRUPPI DI RIFLESSIONE CRITICA SUL REATO.
    Tali gruppi sono degli incontri tra persone che si confrontano su temi delicati, quali la spinta/motivazione al reato commesso, con la guida e la facilitazione di un conduttore. L’obiettivo è promuovere o agevolare, accompagnandolo, il processo di rielaborazione dei fatti commessi: chi commette un reato, molto spesso, attiva meccanismi mentali di minimizzazione, rimozione, proiezione, giustificazione, ecc. (ad esempio, il dirsi “c’è chi fa di peggio”, “la vittima mi ha provocato”, La vittima se l’è meritato”, “fanno tutti così”, “è colpa della società o della legge restrittiva…”), che gli permettono di non assumersi la responsabilità del fatto né di riconoscere la presenza di una vittima. Spesso, anzi, il reo si considera una vittima che ha reagito ad una qualche ingiustizia. Tali meccanismi rappresentano dei veri e propri ostacoli al processo di presa di coscienza implicato anche dal dettato costituzione che finalizza la pena alla riabilitazione del reo. All’interno dei Gruppi di riflessione sul reato, l’accompagnamento verso il superamento di tali vissuti passa inevitabilmente per una prima fase di ascolto “di quanto vissuto” dai partecipanti, in un’ottica comprensiva e non giudicante, che permette loro di sentirsi riconosciuti come persone con una propria storia, con proprie risorse, aspettative, frustrazioni, difficoltà, limiti (che spesso sono alla radice del reato commesso). In una seconda fase il conduttore accompagna il gruppo e i singoli a esplorare i fatti commessi e la propria responsabilità personale, soffermandosi su quali avrebbero potuto essere delle scelte diverse rispetto al reato attuato, così da agevolare la mentalizzazione di una propria responsabilità personale. Nella terza fase i partecipanti sono accompagnati nel sentire e nel riflettere sul danno inferto o quantomeno sulla pericolosità della condotta agita.