Il senso del nostro lavoro
Queste persone spesso hanno vissuto cose infernali, si sono salvati la pelle ad un prezzo che non potremo mai capire, e cosa ne fanno della violenza che hanno dentro di sé, sia quella subita che quella perpetrata?
Quali sono i vissuti di un minore straniero che abbandona il proprio paese per approdare in Italia senza certezze e riferimenti? Qual è il senso del lavoro con loro? Ce lo racconta Enrico Tuninetti, psicologo di Me.Dia.Re.
Ciao Enrico, ci racconti in particolare di cosa ti occupi per l’Associazione Me.Dia.Re.?
Coordino la nuova edizione del Progetto Minori del Comune di Torino, progetto che prevede, oltre al supporto psicoterapeutico ed all’accompagnamento psicologico all’audizione in Commissione Territoriale, altre azioni progettuali quali ad esempio l’organizzazione di laboratori di arteterapia, teatro di comunità, musicoterapia, nonché attività di supervisione rivolta agli operatori del Comune di Torino e agli operatori delle strutture di accoglienza, etc.
Ma qual è il senso di questo progetto?
Il senso del progetto è quello di accompagnare e accogliere i minori migranti aiutandoli ad essere soggetti della propria esperienza migratoria, ascoltare ed essere testimoni della loro storia e del loro viaggio, aiutarli ad attraversare choc culturali e co-costruire insieme a loro una narrazione che provi a dare significato ad esperienze traumatiche altrimenti difficilmente esprimibili, comunicabili e pensabili.
Quali sono i principali i vissuti che rilevi nei minori stranieri beneficiari del progetto?
I vissuti ricorrenti di cui siamo testimoni in seduta hanno spesso a che fare con la perdita, l’esilio, l’alienazione, la nostalgia, la violenza. Queste persone spesso hanno vissuto cose infernali, si sono salvati la pelle ad un prezzo che non potremo mai capire, e cosa ne fanno della violenza che hanno dentro di sé, sia quella subita che quella perpetrata? Oltre ad aspetti contestuali di natura economica, geopolitica e istituzionale, di cui dobbiamo essere a conoscenza come professionisti, tali vissuti se non elaborati possono portare ad esiti infausti per noi e per loro, dalla radicalizzazione all’autodistruzione il cui costo è pagato dalla società tutta.
Ascoltando come psicologo le storie dei ragazzi stranieri, quali emozioni provi?
Il lavoro con i minori è un lavoro complesso ed emotivamente difficile, che ci mette molto in discussione come professionisti, ci interroga sulle nostre categorie di riferimento e sul potere che queste categorie hanno sull’altro. Ritengo tuttavia che un buon lavoro di rete, e in questa includo tutte le persone coinvolte nella loro presa in carico e nella cogestione e co-progettazione del loro percorso di integrazione (educatori, antropologi, assistenti sociali, avvocati, psichiatri, rappresentanti delle istituzioni politiche e religiose del territorio, ecc.), sia necessario in un’ottica preventiva e non solo emergenziale, affinché questi ragazzi passino dall’erranza all’itineranza, cioè possano essere consapevoli del proprio progetto migratorio anziché subirlo soltanto.
Enrico Tuninetti