La strage di Beslan ha inizio la mattina del primo settembre 2004

385 morti, di cui 154 bambini e 10 esponenti delle forze dell’ordine russe, oltre quasi 800 feriti.

A tanto arrivò il commando che tenne col fiato sospeso milioni di persone, avendo preso in ostaggio bambini, genitori e personale di una scuola dell’Ossezia del Nord, per un totale di circa 1.200 persone. Evidentemente, il gruppo armato era a conoscenza del fatto che, il primo giorno di ritorno dalle vacanze, le famiglie si fermano insieme agli alunni per assistere alla cerimonia, perciò, in quelle ore, il numero di individui presenti a scuola in quelle poche ore è molto più alto del solito.

I sequestratori partirono da un campo poco lontano dalla città, ma già all’interno dei confini dell’Inguscezia. Ci troviamo, infatti, nei territori della Federazione Russa, di cui fa parte anche la tristemente nota Cecenia, che giocherà un ruolo di primo piano anche in questa vicenda. Dunque, trenta uomini e due donne lasciarono i boschi dove avevano passato la notte, alla volta di Beslan, trasportati da un camion militare e un’auto della polizia.

L’inizio del terrore…

In pochi minuti presero il controllo della situazione, radunando la maggior parte dei presenti nella palestra, dove avrebbero passato le successive 52 ore, in mezzo alle bombe: i terroristi, infatti, minarono tutto il terreno circostante. Dopo circa un’ora, le forze dell’ordine, compresi alcuni reparti speciali russi, circondarono l’edificio, ma dovettero aspettare un altro paio d’ore per il primo contatto: un ostaggio liberato riferì che i sequestratori pretendevano di parlare con il presidente osseto, l’ex presidente dell’Inguscezia e Leonid Roshal, il pediatra che negoziò con gli attentatori del teatro Dubrovka. Imposero anche violente regole: 10 ostaggi uccisi se l’elettricità o le comunicazioni fossero state tagliate, 20 per ognuno dei terroristi feriti, 50 per ogni terrorista ucciso.

Quali erano, però, le reali intenzioni del commando? Si scoprì che il gruppo era composto in gran parte da Ceceni, e in minoranza da arabi, che esigevano la libertà del loro paese d’origine: la Cecenia doveva essere ripulita di qualsiasi militare russo presente sul territorio.

… e la sua triste conclusione

Il sequestro terminò con quello che si ritiene sia stata l’esplosione accidentale di due ordigni, che causò la morte della maggior parte delle vittime totali. Entrambi gli schieramenti attribuirono la responsabilità all’altro, e si scatenò il disastro: ostaggi che fuggivano dalle brecce aperte nelle mura, militari e civili armati che fecero incursione nell’edificio e i terroristi che cercavano di causare più vittime possibili. Al termine della sparatoria, solo un membro del commando riuscì a salvarsi, sia dai proiettili che dalla folla: fu catturato e portato via dalle forze dell’ordine.

Circa due settimane dopo il termine delle atrocità, il leader separatista ceceno Shamil Basayev rivendicò l’attacco, affermando di aver sottovalutato la capacità del Governo di affrontarlo senza alcuno scrupolo.

Alessio Gaggero

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