Il 19/10/2017 per la morte di Riccardo Magherini sono condannati 3 carabinieri per omicidio colposo

Figlio dell’ex calciatore Guido Magherini, Riccardo aveva talento, ma la sua carriera calcistica fu frenata da diversi infortuni. Aveva 39 anni, l’ex calciatore delle giovanili della Fiorentina, si era separato da poco dalla moglie Rosangela e viveva, in affitto, in una stanza a borgo San Frediano, un quartiere di Firenze.

Quell’orribile notte tra il 3 e il 4 marzo 2014 a San Frediano.

Le prime ricostruzioni

Secondo le prime ricostruzioni, Riccardo Magherini nella notte tra il 2 e il 3 marzo del 2014, dopo una cena con gli amici, li aveva accompagnati all’hotel dove costoro alloggiavano. Poi aveva preso un taxi per tornare a casa sua, nel quartiere fiorentino di borgo San Frediano. Salito a bordo avrebbe litigato con il conducente. Avrebbe gridato e chiesto aiuto, poi, in stato di agitazione, avrebbe rapinato un cellulare e infranto due vetrine. I carabinieri accorsi lo avrebbero ammanettato “non senza difficoltà”, per poi chiamare un’ambulanza. Sul mezzo della Croce Rossa, però, non c’era un medico, e i volontari, su “ordine” dei carabinieri, che giudicavano l’uomo “pericoloso”, si astennero dall’intervenire. All’arrivo dell’automedica, però, Magherini sarebbe stato rianimato a lungo in strada, per poi essere portato in ospedale dove fu ufficialmente dichiarato il decesso.

La famiglia venne informata del fatto che la morte sarebbe avvenuta per intossicazione da cocaina e per asfissia.

La Procura di Firenze apre un’inchiesta, ma l’unico indagato è proprio Magherini, per il furto del cellulare che ha strappato al cameriere per chiedere aiuto. Però, l’autopsia rivela che non è stata la cocaina assunta da Magherini a causare la sua morte – ne avrebbe assunta una quantità che non avrebbe potuto determinarne la morte – ma l’asfissia posturale

Le successive ricostruzioni di quella notte

Come spiegare, però, le ecchimosi sul volto e sul corpo di Magherini?

Spuntò fuori uno dei video che qualcuno tra i residenti aveva girato quella notte con il telefonino. E nel video si sentivano le grida e la disperazione di Riccardo che, ammanettato e immobilizzato, continuava a chiedere aiuto.

Un’altra ricostruzione propose, allora, alcuni importanti dettagli. Richy, mentre passeggiava per strada, sarebbe stato assalito da una paura incontrollabile, dal terrore che qualcuno volesse fargli del male. Salito a bordo del taxi, tale paura esplose quando il tassista non svoltò nella strada da lui indicata. A quel punto si sarebbe gettato fuori dall’auto, gridando, per finire in una pizzeria del quartiere, da cui, dopo avere preso un cellulare ad un cameriere, sarebbe nuovamente scappato.

Scappava e invocava disperatamente aiuto, quando si imbatté in due carabinieri. Costoro cercarono di trattenerlo mentre Riccardo si agitava sempre di più. I carabinieri, allora, chiamarono rinforzi, mentre dalle finestre delle case si affacciavano alcuni abitanti, e tra questi vi era chi cominciava a riprendere la scena con il cellulare.

“Aiuto, ho un figliolo”

I militari, dunque, lo ammanettarono e mentre era prono e gli sferrarono calci nell’addome. Uno di essi era a cavalcioni sopra di lui

Riccardo Magherini continuava a invocare aiuto e a chiedere che non gli si facesse del male: «Vi prego, ho un figlio!».

Poi, come già detto, vi fu l’arrivo della prima ambulanza, priva di medico, quindi della seconda, quando ormai era troppo tardi. L’asfissia posturale lo aveva ucciso, cioè il fatto che il suo torace fosse stato schiacciato sull’asfalto impedendogli di respirare.

Le foto e i video arrivarono in Senato, dove la vicenda fu oggetto di una denuncia da parte dal presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.

 

Il giudizio di primo grado

Un anno dopo, nell’indagine giudiziaria per omicidio colposo, furono indicati gli indagati. Si trattava delle tre volontarie della Croce Rossa, che erano intervenute quella notte e dei carabinieri che avevano fermato Richy: Stefano Castellano, Davide Ascenzi, Agostino Della Porta e Vincenzo Corni.

Fabio Anselmo, lo stesso avvocato che assiste la famiglia di Federico Aldrovandi e di Stefano Cucchi, assunse l’incarico di difensore della parte civile.

Il processo

Il 3 febbraio 2015, il gip rinviò a giudizio quattro carabinieri e tre volontari della Croce Rossa. Per il pubblico ministero, Bocciolini, la vittima sarebbe morta per “arresto cardiocircolatorio per intossicazione acuta da cocaina associata a un meccanismo asfittico”. I carabinieri, durante l’arresto, quindi, non avrebbero osservato il protocollo previsti per il fermo di soggetto in stato di alterazione psicofisica. Mentre l’accusa per i tre volontari (ma al processo parteciparono poi soltanto due, perché il terzo nel frattempo era deceduto in un incidente) era quello di non avere adottato «alcuna iniziativa tesa a facilitare la dinamica respiratoria».

L’accusa aveva chiesto condanne a nove e dieci mesi per tre dei quattro carabinieri (non per il quarto, dal momento che non aveva partecipato al “blocco” a terra, essendo stato ferito durante le fasi dell’arresto) e a nove mesi per una volontaria.

La sentenza

Il 13 luglio 2016, il giudice Barbara Bilosi, modificate le imputazioni (inclusa l’ipotesi dell’inosservanza della direttiva dell’Arma), condannò tre carabinieri a otto e sette mesi di reclusione e assolse i volontari.

Il giudice ritenne che le fasi dell’arresto si erano svolte in maniera legittima e che la responsabilità dei carabinieri sorgeva in quei minuti in cui Magherini, pur muto, era stato mantenuto prono a terra.

La sentenza fu oggetto di ricorso in appello dalla parte civile, che chiese una condanna più severa per i carabinieri, e dal procuratore Bocciolini, secondo il quale sussisteva la responsabilità anche del quarto carabiniere e di entrambe le volontarie.

La sentenza di appello del 19 ottobre 2017: Riccardo Magherini è morto per asfissia, non per colpa propria

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La sentenza di appello del 19 ottobre 2017, in sostanza, confermò le condanne del giudice di primo grado: otto mesi a Vincenzo Corni, e sette mesi ciascuno a Stefano Castellano e Agostino della Porta.

Però, la Corte d’Appello stabilì anche a carico dei tre militari dell’Arma il pagamento di provvisionali risarcitorie non previste dalla decisione in primo grado: 50mila euro ciascuno ai genitori di Magherini e al fratello, mentre altri 100mila per il figlio.

Inoltre la Corte d’Appello decise di trasmettere una copia degli atti all’ufficio del Pubblico Ministero, al fine di valutare la conduzione di nuove indagini relativamente al reato di abuso dei mezzi di contenzione, rispetto alla fase finale della vicenda, cioè nei minuti che precedettero la morte, allorché Magherini, in progressiva asfissia, venne bloccato a terra dai carabinieri, che lo schiacciarono al suolo con il peso del loro corpo.

Un aspetto non trascurabile della decisione della Corte d’Appello, secondo l’avvocato Fabio Anselmo, fu l’esclusione del «contributo concausale di Riccardo nella sua morte: è morto per asfissia, non per colpa propria».

Sulla sentenza d’appello, tuttavia, è stato proposto ricorso alla Corte di Cassazione sia da parte della difesa dei militari sia da parte dell’avvocato Anselmo. Costui ha chiesto l’annullamento della sentenza e un nuovo processo per omicidio preterintenzionale a carico dei carabinieri intervenuti. Il suo convincimento è che i tre militari siano responsabili dell’evento morte «come conseguenza del reato di percosse». Ma la quarta sezione penale della Cassazione nel novembre del 2018 ha assolto i tre carabinieri accusati di omicidio colposo perché “il fatto non costituisce reato“. Il sostituto pg della Cassazione Felicetta Marinelli, aveva chiesto invece di confermare la condanna per omicidio colposo, ma secondo il collegio i carabinieri che immobilizzarono Riccardo Magherini non potevano prevedere la sua morte perché “non avevano le competenze specifiche in materia” di arresto di persone che si trovavano nel suo stato, cioè “in delirio eccitatorio” per “intossicazione da cocaina” e il “solo atto violento non giustificato” commesso sarebbe stato quello costituito dai due calci sferrati da Corni quando era Magherini già a terra e “contenuto” dai quattro carabinieri.

Alberto Quattrocolo

 

Fonti

https://www.fanpage.it/aiuto-ho-un-figlio-la-storia-di-riccardo-magherini-morto-durante-e-per-un-fermo-dei-carabinieri/

https://ilmanifesto.it/omicidio-magherini-riccardo-non-aveva-colpe/

http://www.ilsitodifirenze.it/content/656-omicidio-magherini-novembre-udienza-cassazione

https://tg24.sky.it/cronaca/2017/10/19/morte-riccardo-magherini-firenze-sentenza-appello.html

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