Il Sudafrica decide di chiudere la pagina dell’apartheid

Siete a favore del prosieguo del processo di riforma avviato dal capo dello Stato il 2 febbraio 1990, finalizzato all’elaborazione, attraverso il dialogo, di una nuova Costituzione?

Questo è il testo che, il 17 marzo 1992, si trovarono di fronte i 3 milioni e 280 mila Sudafricani con diritto di voto. Il numero così esiguo fu dovuto alla limitazione all’accesso al voto: solo gli “appartenenti alla razza bianca” potevano recarsi alle urne per decidere il futuro del paese.

In effetti, bisognava capire se la minoranza bianca che governava il Paese fosse disposta a sostenere le trattative della Codesa (Convention for a Democratic South Africa) tra il governo bianco e l’Anc (African National Congress, il partito di Nelson Mandela). Nonostante l’evidente paradosso (far scegliere ai bianchi se mettere fuori legge il razzismo nei confronti dei neri), lo stesso Anc ne riconobbe l’importanza. Probabilmente, fu l’unica strada percorribile.

Così, due anni dopo la liberazione di Madiba, il paese era posto di fronte a un bivio di importanza basilare. La spaccatura ci fu, ma non a sufficienza da impedire quel movimento di riforma iniziato due anni prima: più di due terzi dei bianchi sudafricani tracciò un segno sul SI’, permettendo a De Klerk, l’allora presidente, di vincere la sua scommessa. E quella di milioni di altre persone, finalmente libere.

Oggi abbiamo scritto il punto di svolta fondamentale della nostra storia.  […] La chiusura della pagina dell’apartheid.
(De Klerk)

Alessio Gaggero

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