Il 9/08/1991 veniva ucciso il giudice Antonino Scopelliti. Da Cosa Nostra, dalla ‘ndrangheta o da entrambe?

La presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, nel 2018, ha voluto onorare la memoria del magistrato Scopelliti con due giorni di anticipo. Il pubblico ministero della Cassazione morì, infatti, 29 anni fa oggi. Queste le parole della seconda carica dello Stato:

[…] Antonino Scopelliti, magistrato chiave nella lotta alla mafia, uno dei più apprezzati procuratori di Cassazione, che il 9 agosto del 1991 fu assassinato in un agguato di ‘ndrangheta e al quale chiedo a quest’Assemblea di tributare il doveroso omaggio. […] A 27 anni da quel tragico giorno, siamo ancora lontani dal vedere scritta una parola definitiva di verità sull’omicidio Scopelliti. […] Grazie alla Fondazione a lui intitolata, ogni anno la memoria di Antonino Scopelliti viene rinnovata attraverso il ricordo delle sue azioni, perché quella cultura della legalità per la quale si era sempre battuto possa definitivamente attecchire tra le nuove generazioni e soprattutto tra i giovani di una terra martoriata, dove il germe della criminalità organizzata è ancora vivo, come la Calabria.

Sono tanti i misteri che feriscono il nostro paese. Quello della morte procuratore calabrese è fra questi. Forse non è uno dei più noti e proprio per questo è bene ricordarlo, per non permettere che alla memoria collettiva sfugga l’importanza di far luce su queste zone d’ombra, che offuscano la nostra vista.

Non si sa chi sia stato, né perché. Certo, di ipotesi ne sono state prodotte tante, alcune più verosimili, altre meno credibili. Quella che rimbalza più di frequente nelle fonti d’informazione disponibili vede, alla base dell’omicidio, un accordo tra due gruppi di uomini estremamente pericolosi, oggi come allora: Cosa Nostra e ‘ndrangheta.

In Calabria, la seconda guerra tra le ‘ndrine impazzava dal ’95, arrivando a mietere fino a mille morti. Pare che, per giungere finalmente a una tregua, nonché a una riorganizzazione del crimine locale, entrarono in scena i ‘colleghi’ siciliani. Fu forse lo stesso Riina a interpretare il ruolo di mediatore, facendosi, tuttavia, pagare profumatamente: Scopelliti, pubblica accusa di terzo grado del venturo maxiprocesso a Cosa Nostra, era palesemente pericoloso. Fu freddato in macchina, sulla via di casa, quasi nella sua città d’origine: Campo Calabro.

Due procedimenti e due gradi di giudizio dopo, assolti Riina, Provenzano e altri tredici boss siciliani. Nel 2017, però, comparsi tre nuovi collaboratori di giustizia, che potrebbero condurre a una svolta nelle indagini: qualcuno ha già rappresentato un quadro di stretta connessione tra Cosa nostra, ‘ndrangheta, destra eversiva, logge massoniche e servizi deviati. Noi aspettiamo e, lecitamente, speriamo che la verità affiori.

Alessio Gaggero

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