I sei di Birmingham sono rilasciati dopo 16 anni di detenzione

Birmingham, Inghilterra, 21 novembre 1974, ore 20.25: una bomba esplode nel Mulberry Bush Pub. Passano due minuti e un’altra bomba esplode nel Tavern in the Town, un altro locale della città. Il terzo ordigno, posizionato fuori da una banca, non detonerà mai. Per fortuna, poiché i primi due furono sufficienti a segnare l’attacco terroristico più sanguinoso d’Inghilterra, almeno fino al 2005: Londra subì perdite molto più ingenti.

La città delle West Midlands, comunque, registrò 21 morti e 182 feriti. Nell’intero paese si scatenò un’ondata emotiva che non lasciò scampo a nessuno. Nemmeno alle forze dell’ordine. Il giugno dell’anno successivo, infatti, furono condannati quelli che passarono alla storia come i sei di Birmingham: sei persone innocenti.

Già a poche ore dall’attentato, quattro di questi avevano firmato le proprie confessioni, poco più tardi smentite da loro stessi, ma non solo: l’IRA (l’Esercito repubblicano irlandese, che si batte per la fine della presenza britannica in Irlanda del Nord e la riunificazione con la Repubblica d’Irlanda) non li ha mai riconosciuti come propri militanti. Proprio queste quattro confessioni saranno, anni dopo, utilizzate per corroborare la tesi della non colpevolezza dei sei uomini, in quanto, in esse, mancava ogni riferimento alla preparazione e all’attuazione degli attentati.

Intanto, però, nel giugno del 1975, furono scoccate sei condanne all’ergastolo: per sedici anni Patrick Hill, Gerard Hunter, Richard McIlkenny, William Power, John Walker e Hugh Callaghan si svegliarono in una cella che non avevano fatto nulla per meritarsi.

Solo nel 1990, infatti, il rinvio del caso in Corte d’Appello ebbe un seguito concreto. Una svolta decisiva alla vicenda venne dai risultati di un’inchiesta condotta dalla polizia di Cornovaglia e Devon sui verbali di un interrogatorio: quattro pagine dello stesso, stilato dal commissario George Reade, responsabile delle indagini sugli attentati, erano state aggiunte in seguito.

In sede dibattimentale cadde anche la prova decisiva: l’esame fatto per stabilire se gli imputati avessero maneggiato la nitroglicerina non risultò attendibile. Bastarono, dunque, appena dieci giorni di processo a revocare tutte le pene e condanne comminate: scarcerazione immediata ordinò il giudice. Era il 14 marzo 1991.

Quello di condannare un innocente è forse il rischio più grave che corrono i magistrati nello svolgere il proprio lavoro. Eppure, a volte si concretizza, come accadde anche nel caso, risolto un paio di anni prima, dei quattro di Guildford.

Alessio Gaggero

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