Il 23 ottobre è il giorno d’inizio della Rivoluzione ungherese del ‘56

L’Ungheria aveva combattuto al fianco della Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale, nella speranza, tra le altre, di recuperare alcuni territori persi alla fine del precedente conflitto. In questa situazione, il nemico dichiarato fu l’Unione Sovietica, che non doveva riuscire, nei piani di Hitler, ad inglobare i Magiari, così come era stato per la vicina Romania. Come noto, il Fuhrer non ebbe successo, e i Sovietici estesero la propria area di influenza fino a queste terre. Così, dal 1947, il Partito dei lavoratori ungheresi, guidato da Mátyás Rákosi, instaurò la dittatura. Il Patto di Varsavia del 1955, in contrapposizione alla NATO, ne suggellò l’appartenenza all’URSS.

L’inaudita violenza dell’Államvédelmi Hatóság (ÁVH), ovvero la polizia segreta ungherese, costola del KGB sovietico; le precarie condizioni di vita che contraddistinguevano i lavoratori magiari, causate dal collasso economico del paese; le inefficaci politiche terriere promosse dal Partito; l’impossibilità, per i giornalisti, di controllare i propri sindacati; il malcontento degli studenti universitari verso la gestione della propria istituzione. Queste furono alcune delle motivazioni alla base della rivolta, o meglio, rivoluzione, al centro dell’articolo di oggi.

Iniziò tutto proprio da una protesta studentesca del 23 ottobre, che però non era motivata da una situazione interna: al centro della manifestazione c’era la violenta repressione che il governo polacco aveva imposto alla rivolta della città di Poznań. Nondimeno, il sentimento d’insurrezione dilagò tra i partecipanti, raggiunti nel frattempo da migliaia di altri ungheresi, che diedero il via alla rivoluzione contro il regime di Rákosi.

Nel giro di pochi giorni, forti di milioni di sostenitori, gli insorti presero il controllo di numerose istituzioni in gran parte del territorio nazionale, non tralasciando il piano politico: il 24, Imre Nagy, già Primo ministro ungherese durante una parentesi moderata di due anni (‘53-’55), imposta direttamente dal Politburo sovietico, riprese il titolo perso l’anno precedente, sempre ad opera dell’URSS.

Dopo una lunga serie di scontri e negoziati, il 2 novembre, Pál Maléter fu nominato Ministro della difesa, ma la sua parabola politica fu fulminea: appena il giorno successivo, fu arrestato dal KGB durante le trattative per il ritiro dell’esercito russo. Il messaggio sovietico non avrebbe potuto essere più chiaro. Il 4 novembre, infatti, Nagy si rifugiò nell’ambasciata iugoslava, rassicurato circa la possibilità di ricevere l’asilo politico. Le rassicurazioni valsero fino al 22 dello stesso mese, quando, nella convinzione di essere riportato a casa, fu deportato in Romania.

Il 4 novembre fu una data degna di nota anche perché coincise con l’arrivo della temuta Armata Rossa alle porte della capitale. L’ancora Primo Ministro rivolse queste parole ai propri cittadini:

Qui parla il Primo Ministro Imre Nagy. Oggi all’alba le truppe sovietiche hanno aggredito la nostra capitale con l’evidente intento di rovesciare il governo legale e democratico di Ungheria. Le nostre truppe sono impegnate nel combattimento. Il governo è al suo posto. Comunico questo fatto al popolo del nostro Paese ed al mondo intero.

La rivoluzione era finita: János Kádár fu posto a capo del neo-governo filosovietico, che, nel giro di pochi mesi, riuscì a spegnere anche l’ultima fiamma d’insurrezione magiara. Tutto era tornato come prima. Forse peggio.

Alessio Gaggero

 

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