La tortura è reato anche in Italia dal 14 luglio 2017

In seguito alla condanna che il nostro paese aveva subito da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo nell’aprile 20151, il percorso parlamentare della legge sulla tortura vide una netta accelerazione: i giudici europei avevano invitato infatti l’Italia a “dotarsi di strumenti giuridici in grado di punire adeguatamente i responsabili di atti di tortura o altri maltrattamenti, impedendo loro di beneficiare di misure in contraddizione con la giurisprudenza della Corte”.

La strada verso il risultato che oggi ricordiamo si snodò per circa quattro anni, a partire da luglio 2013: il disegno di legge, firmato da Luigi Manconi del Partito Democratico, ha subito significative modifiche, tanto da indurre lo stesso senatore a non votarlo nel maggio dello scorso anno. Critiche alla versione definitiva furono mosse anche da parte di Amnesty International e Antigone. Il testo fu comunque sostenuto da PD e Alternativa popolare; ostacolato da Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia; si astennero Movimento 5 Stelle, Sinistra Italiana, Scelta civica e Articolo 1 – Movimento democratici e progressisti.

Un testo controverso dunque, che apporta, tra le altre, le seguenti modifiche all’ordinamento vigente:

  • Tortura: si punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chi “con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa…, se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”.
  • Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura: si applica la reclusione da 6 mesi a 3 anni al pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio “il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso“.
  • Prove illegittimamente acquisite: le dichiarazioni e le informazioni ottenute mediante il delitto di tortura sono inutilizzabili, salvo che contro le persone accusate di tale delitto e al solo fine di provarne la responsabilità penale.
  • Divieto di respingimento, espulsione o estradizione di una persona verso uno Stato, quando vi siano “fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura“; a tal fine si tiene conto anche dell’esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani.
  • L’immunità diplomatica agli stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale è esclusa. Il soggetto è estradato verso lo Stato richiedente nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, in caso di procedimento davanti a un tribunale internazionale, verso il tribunale stesso o lo Stato individuato ai sensi dello statuto del medesimo tribunale.

Alessio Gaggero

1 Nel caso Cestaro contro Italia, furono presi in considerazione i comportamenti tenuti dalle forze dell’ordine durante il G8 di Genova del 2001, all’interno della scuola Diaz. Il reato contestato è quello di tortura, non previsto dall’ordinamento penale allora vigente: si ritenne violato l’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), secondo cui “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. L’Italia, presentando una legislazione inadeguata, secondo i giudici europei, fu condannata al risarcimento del danno morale per 45 mila euro.

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