Cirillo, la Camorra, le BR …

Era trascorso quasi un anno dal 27 aprile del 1981, giorno del rapimento di Ciro Cirillo, quando, il 16 marzo 1982, su L’Unità apparve una notizia sconvolgente firmata da Marina Maresca: detenuto nel carcere di Ascoli Piceno, Raffaele Cutolo, il boss della Nuova Camorra Organizzata, ha incontrato alcuni esponenti della DC e alcuni rappresentanti dei servizi segreti italiani, che hanno richiesto la sua collaborazione.

Già il fatto che membri del partito che governava l’Italia da oltre trent’anni e dei servizi di intelligence incontrassero segretamente in un carcere Cutolo era piuttosto inquietante. Ma ancora di più lo era il fatto che l’argomento del colloquio fosse un sequestro di persona compiuto dalle Brigate Rosse. E che la persona fosse Ciro Crillo.

Ciro Cirillo, già esponente della corrente di Antonio Gava della Democrazia Cristiana e negli anni sessanta  segretario provinciale del partito, dal ’69 al ’75 era stato Presidente della Provincia di Napoli, venendo poi eletto Presidente della Regione Campania nel 1979, e nel 1981, a sessant’anni era stato nominato assessore regionale ai lavori pubblici. Inoltre a seguito terremoto dell’Irpinia del 1980, Cirillo aveva assunto la carica di vicepresidente del Comitato tecnico per la ricostruzione.

Il sequestro di Ciro Cirillo

Il 27 aprile 1981, alle 21,45, mentre si trovava nel proprio garage di casa, in via Cimaglia, a Torre del Greco, l’assessore campano all’urbanistica Cirillo fu sequestrato dalle BR. Tre anni prima era stato sequestrato Aldo Moro.

L’agguato

Cirillo, il suo segretario Ciro Fiorillo, l’agente di scorta, maresciallo di P.S. Luigi Carbone, e l’autista Mario Cancello furono attaccati da un commando di cinque appartenenti alle Brigate Rosse. Nel conflitto fuoco furono uccisi Carbone e Cancello, mentre Fiorillo venne ferito alle gambe. Le BR che avevano rapito Cirillo erano capeggiate dal criminologo Giovanni Senzani.

Il fatto che Senzani fosse a capo del commando getta già di per sé un alone di ulteriore oscurità sulla vicenda. A costui si è già fatto riferimento su questa rubrica, Corsi e Ricorsi nel post dedicato all’omicidio del giudice Minervini (Il giudice Minervini, un uomo abbastanza serio da non prendersi troppo sul serio).

Senzani, il capo del commando brigatista: un brigatista “puro” o un uomo legato ai settori deviati del Sismi, legati alla P2?

Si era scritto, infatti, che il professore Giovanni Senzani era stato definito, nel 2000, da Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi e il terrorismo, sì, «il leader dell’ala più sanguinaria delle Br», ma anche una figura atipica del terrorismo di sinistra, «sia per l’alto livello culturale sia per la rete di amicizie intessute negli ambienti criminologici e universitari italiani e stranieri». E, soprattutto, «era il cervello politico delle BR e aveva rapporti forti anche con apparati». Senzani, infatti, era stato anche l’autore del volantino di rivendicazione dell’omicidio di Minervini, aveva avuto non poche responsabilità negli omicidi del professore Vittorio Bachelet (12 febbraio del 1980), del generale dei Carabinieri Enrico Riziero Galvaligi (31 dicembre del 1980) e verosimilmente anche in quello di Aldo Moro. Come spiegò Pellegrino, il dott. Arrigo Molinari, vice-questore vicario di Genova e poi direttore dell’Ufficio ispettivo della Polizia di Stato per l’Italia del Nord, riteneva plausibile che fin dall’ingresso nelle Brigate Rosse, alla metà degli anni Settanta, Senzani fosse «protetto dai settori deviati del Sismi, quelli legati alla P2».

I misteri sulla trattativa tra le BR, la Nuova Camorra Organizzata, politici DC e i Servizi Segreti per la liberazione di Cirillo

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Il 17 marzo del 1982, quindi, il giorno dopo il sopra citato articolo di Marina Maresca, L’Unità pubblica un documento esplosivo, con dicitura “MININTERN”, in cui si sosteneva che nel carcere di Ascoli, il 30 maggio del 1981, si fosse recato anche un politico di rilievo nazionale come Vincenzo Scotti (legato al più influente politico campano dell’epoca, Antonio Gava). Si arriva ad affermare che le richieste di collaborazione al boss della Nuova Camorra Organizzata sarebbero pervenute da: Antonio Gava (democristiano, predecessore di Cirillo come presidente della Provincia di Napoli, 13 volte ministro, che ebbe non poche traversie giudiziarie) Giuliano Granata (all’epoca sindaco di Giugliano, in Campania), Silvio Gava (ex ministro ed ex senatore della DC), Francesco Pazienza (all’epoca trentacinquenne, faccendiere e consulente del Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare italiano, il SISMI, sarà poi condannato a 13 anni di carcere per il depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna, per il crac del Banco Ambrosiano e per associazione a delinquere), Francesco Patriarca (anch’egli democristiano, della corrente di Antonio Gava, sarà condannato nel 2007 con sentenza definitiva a nove anni di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, essendo stato giudicato colpevole di aver reso sistematicamente favori al clan camorristico Alfieri-Galasso), Flaminio Piccoli (all’epoca segretario della DC) e Vincenzo Scotti (democristiano, più volte ministro tra il ’78 e il ’92, sottosegretario agli Esteri, tra il 2008 e il 2011, nel governo Berlusconi, infine fondatore e presidente della Link Campus University, anch’egli ha avuto complesse vicende giudiziarie: rinviato a giudizio per peculato e abuso d’ufficio per lo scandalo Sisde, nonostante le accuse penali siano poi decadute per prescrizione, è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire allo Stato 2.995.450 euro, per aver fatto acquistare un palazzo a Roma con fondi riservati del Sisde a un prezzo maggiorato di 10 miliardi di lire al fine della creazione di fondi neri).

Quel documento si rivelò poi falso. Ma ciò non bastò a chiarire opacità e misteri. Il documento era stato redatto dal noto criminologo Aldo Semerari, il quale, sempre su L’Unità, qualche giorno dopo, affermò di averlo redatto dopo aver raccolto quella testimonianza direttamente da Raffaele Cutolo. Davanti al “castello” di questi, ad Ottaviano, pochi giorni dopo, il 1° aprile del 1982, Semerari fu trovato decapitato nella sua automobile.

La liberazione di Cirillo

La liberazione dell’assessore napoletano Ciro Cirillo, da parte delle Brigate Rosse, avvenne il 24 luglio 1981. Davvero per Ciro Cirillo la Democrazia Cristiana aveva deciso di trattare con le BR? I vertici del partito, a partire da Flaminio Piccoli, hanno sempre rigettato con sdegno questa tesi. Tuttavia molte testimonianze, anche se punteggiate di omissis e colme di reticenze, confermerebbero l’attivazione di personaggi di rilievo della Democrazia Cristiana e di figure dei servizi segreti ai fini della liberazione di Cirillo. ll magistrato che per anni si occupò di questa intricata vicenda, Carlo Alemi, all’epoca giudice istruttore, ha recentemente pubblicato un libro dal titolo Il caso Cirillo. La trattativa Stato-BR-Camorra in cui si legge:

«Per la verità, dal primo momento in cui ho iniziato a indagare sul sequestro Cirillo, malgrado la DC avesse negato tale circostanza, si era diffusa la notizia secondo cui, per il rilascio del Cirillo, era stato pagato un riscatto di tre miliardi di lire, di cui metà sarebbe stata versata alla Nuova Camorra Organizzata del boss Raffaele Cutolo (tale circostanza mi sarebbe poi stata confermata a verbale da diversi cutoliani)».

Alemi non ha dubbi sul fatto che ci sia stata una trattativa: «Le sentenze della Corte d’Appello e della Cassazione hanno sancito che ci fu una trattativa», ha dichiarato a Repubblica. Aggiungendo anche che a parere suo non si può dubitare che a trattare con le BR, mediante Cutolo, fosse lo Stato: «E non mi si venga a dire che quei soggetti non rappresentavano lo Stato: gli attori di questa vicenda erano ai vertici dell’amministrazione pubblica, dei servizi segreti, del ministero della Giustizia, del partito che aveva la maggioranza relativa in Parlamento». 

Sullo stesso piano si colloca il servizio di Sandro Ruotolo per Fanpage.it.

Inoltre, Carlo Alemi anche in quell’intervista ha spiegato perché, a parer suo, per Cirillo si negoziò la liberazione, mentre tale negoziato non venne portato a termine per Aldo Moro. «Cirillo gestiva la ricostruzione post terremoto, dunque serviva vivo alla Dc. Nessuno, invece, voleva che Aldo Moro rimanesse in vita. Non il suo partito, non gli americani e neppure i socialisti, che a parole erano per la trattativa ma temevano il compromesso storico».

Come ricorda Andrea Di Consoli su Il Sole 24 Ore, dopo 89 giorni di prigionia, Cirillo è liberato e mentre una pattuglia della Polizia sta per condurlo in Questura, tre volanti della stessa Polizia, al comando del vicequestore Biagio Ciliberti, bloccano i colleghi e, prelevato Cirillo, lo portano a casa e per ben tre giorni impediscono ai magistrati di interrogarlo. «E tutto questo mentre politici e amici si recano indisturbati nell’abitazione di Cirillo».

Che via sia stato o meno un accordo poi rispettato tra uomini della DC, servizi segreti, Nuova Camorra Organizzata e Brigate Rosse, queste ultime ottennero, tra le altre cose, dei soldi e l’eliminazione di alcuni investigatori. Mentre, scrive Alemi, tra i “favori” concessi dalle BR a Cutolo sarebbe possibile annoverare l’omicidio di Antonio Ammaturo: il 15 luglio 1982, il vicequestore Ammaturo, impegnato nella lotta alla camorra, venne ucciso, infatti, proprio dalle Brigate Rosse. Con lui scomparvero anche la relazione sul caso Cirillo che aveva trasmesso ai suoi superiori e la copia che aveva consegnato al fratello, il quale a sua volta finì vittima di uno strano incidente di caccia.

 

Alberto Quattrocolo

Fonti

Dario Del Porto, Il giudice Alemi: “Nel mio libro i segreti della trattativa Stato-camorra. Cirillo serviva vivo alla Dc”, https://napoli.repubblica.it/cronaca/2018/06/24/news/alemi-199856291/

Andrea Di Consoli, Quando la DC decise di trattare con le BR per liberare Ciro Cirillo, www.ilsole24ore.com

Giovanni Fasanella e Claudio Sestieri, Segreto di Stato, Einaudi, Torino, 2000

M. Maresca, La DC trattò con le Br. Due esponenti da Cutolo per il riscatto Cirillo, in L’Unità, 16/03/1982, p. 1

Sandro Ruotolo, Sequestro Ciro Cirillo, Rosetta Cutolo: “Qua venivano i politici, andavano tutti da mio fratello”, https://youmedia.fanpage.it/video/aa/XFbHm-SwPNW2kSvthttps://youmedia.fanpage.it/video/aa/XFbHm-SwPNW2kSvt

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