Pubblicati da Alberto Quattrocolo

La mediazione come ascolto e confronto

Un dialogo fra parti contrapposte indica il tentativo di persone disposte a ragionare con l’intento di raggiungere una verità o un’opinione condivisa. Se su questa premessa si fondasse l’attività di mediazione, sarebbe assai poco frequente il suo dispiegarsi, poiché raramente in caso di conflitto vi è una tale attitudine al dialogo tra le persone che ne sono protagoniste. Ma se, invece che un’occasione di dialogo, si propone un’opportunità di confronto, allora le opportunità di ricorso alla mediazione aumentano sensibilmente.

Bologna, sabato 2 agosto 1980, 10:25.

A quarant’anni da quel sabato mattina 1° agosto 1980, non si conosce ancora tutta la verità sulla strage di Bologna: 85 morti e 200 feriti. Renato Zangheri, sindaco di Bologna, cinque giorni dopo la strage, tenne un discorso in piazza Maggiore. Tra le altre cose disse:

“Corpi straziati chiedono giustizia, senza la quale sarebbe difficile salvare la Repubblica; chiedono pronta identificazione e condanna dei colpevoli di tutti i delitti che hanno macchiato l’Italia in questi anni; chiedono la sconfitta della sovversione, e le condizioni di una vita e di una democratica ordinata.
Incertezze e colpevoli deviazioni hanno subito le indagini da Piazza Fontana ad oggi. Troppe interferenze e coperture sono state consentite. Ora la sincerità del dolore e della condanna si misurano sui fatti ed esclusivamente su di essi, sulla volontà e sulla capacità politica e giudiziaria di far luce sulle trame eversive e sui delitti che si susseguono in un crescendo inaudito.
E’ certo che coloro i quali hanno ricevuto le responsabilità di governo e parlamentari dal popolo, tutti coloro che esercitano funzioni pubbliche, dal popolo verranno giudicati per quello che faranno (…). Ognuno dovrà compiere il proprio dovere, come l’hanno compiuto le donne e gli uomini accorsi alla stazione di Bologna nelle ore della strage, per soccorrere e salvare: semplici cittadini, personale sanitario, magistrati, dipendenti degli enti locali, ferrovieri, vigili del fuoco, militari, forze dell’ordine, e la moltitudine che è su questa piazza a raccogliere la sfida del terrorismo. Grazie di essere venuti. Assieme non potremo essere sconfitti. (…). Così noi affermiamo oggi la nostra difficile speranza e chiediamo a tutti di combattere perché la vita prevalga sulla morte, il progresso sulla reazione, la libertà sulla tirannia”. 

Il primo agosto del 2016 il Senato approva il disegno di legge sul caporalato

Con la legge 199/2016, approvata dal Senato il 1° agosto 2016 e dalla Camera il 18 ottobre dello stesso anno, veniva definito il reato di caporalato, inasprite le pene nei confronti di chi lo mette in atto e, contestualmente, se ne tutelavano le vittime. Le quali erano e, purtroppo, ancora sono tantissime: centinaia di migliaia di esseri umani, italiani e migranti, impegnati nella produzione agroalimentare in Italia, che costituisce la più grande eccellenza del nostro Paese. Persone che, invece di essere riconosciute e rispettate come individui e come lavoratori, venivano e, purtroppo, ancora vengono, sottoposte a violenza, ricatti, abusi.

Il 30 luglio 1938 Hitler conferisce un’onorificenza ad Henry Ford

Nel giorno del suo 75° compleanno, Henry Ford, l’uomo che aveva messo le ruote agli Stati Uniti, ricevette il più importante riconoscimento dalla Germania per l’impegno della sua filiale tedesca nel rifornire l’esercito nazista di mezzi blindati. Henry Ford era già l’unico americano citato da Hitler nel Mein Kampf. Infatti, dal 1919 Ford era proprietario di un settimanale, The Dearborn Independent,sul quale veniva pubblicata una serie di articoli, dal titolo L’ebreo internazionale. Il problema del mondo, nella quale si sosteneva la tesi secondo cui il popolo ebraico perseguiva, fin da prima dell’inizio del Novecento, l’obiettivo di esercitare un controllo sulla cultura e la finanza mondiali. 

L’attentato di via Pipitone si consuma il 29 luglio 1983, a Palermo

L’innovatore della lotta alla mafia stava avendo troppo successo nel suo lavoro per poterlo lasciare in vita ancora a lungo. Il 29 luglio del 1983, il giudice Rocco Chinnici con i due agenti della scorta, Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, e il portinaio del suo condominio, Stefano Li Sacchi, fu spazzato via dall’esplosione di un’autobomba. 

Il 28 luglio di 106 anni fa iniziava la Prima Guerra Mondiale

Iniziava il 28 luglio del 1914 il più grande e orribile conflitto mai combattuto prima: 9 milioni di soldati ammazzati nelle trincee e 7 milioni di morti tra i civili. 

Tra quelli che sopravvissero e che erano genitori, o che lo sarebbero diventati di lì a poco, tenendo in braccio i figli, in molti probabilmente pensarono che i loro piccoli erano fortunati, perché mai avrebbero vissuto gli orrori che a loro era toccato di soffrire e infliggere agli altri. Nessuno mai più avrebbe vissuto tanta disumanità, credevano.

Si sbagliavano. L’umanità non aveva imparato la lezione, anzi si apprestava a rivivere, in peggio, l’incubo appena attraversato. Se in Russia scoppiava la rivoluzione bolscevica, mentre rombavano ancora i cannoni della Prima Guerra Mondiale, nel resto del devastato corpo del continente europeo, con la cessazione di quel conflitto, sorgevano anche i tumori del fascismo italiano e del nazionalsocialismo tedesco. Quei due popoli seguivano le stesse sirene del fanatismo nazionalista che li aveva dissanguati nel conflitto appena cessato. Così, nel giro di appena ventuno anni, si passava dalla Grande Guerra alla Seconda Guerra Mondiale, ai campi di sterminio e ad Hiroshima e Nagasaki.

La mediazione ridà fiducia nella parola

Perché ci si dovrebbe rivolgere ad un mediatore quando si è coinvolti in un conflitto che ha raggiunto rilevanti livelli di escalation, anche in termini di incomunicabilità? Perché mediare quando si è convinti che parlare non serve più a niente?

Tra le varie ragioni vi è anche quella di essere, in primo luogo ascoltati, ascoltati davvero, e ciò ridà fiducia nello strumento della parola. C’è qualcuno che comprende quel che diciamo e quel che cerchiamo di dire. E quel qualcuno può aiutarci a comunicare con coloro con cui siamo in conflitto.