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17 risultati per la ricerca di: pancia

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Potrebbe esservi un’egemonia (nascosta) della “pancia” sulla politica che parla solo alla “testa” dei cittadini?

Vincent Hanna, il tenente interpretato da Al Pacino nel film Heat – La sfida, pronunciava con rabbia ed impazienza la seguente battuta: «La comprensione, l’ho finita ieri. Oggi mi stai solo facendo perdere tempo». Estrapolata dal contesto della trama del film, queste frasi si prestano efficacemente ad esprimere l’insofferenza che tutti qualche volta proviamo nell’essere […]

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Potrebbe esserci “un condizionamento emotivo reciproco” tra i cittadini e i politici che parlano alla loro pancia”?

L’ipotesi proposta è che dal rapporto tra politico (soggetto o partito) “che parla per lo più alla pancia” e cittadini potrebbe prodursi una situazione nella quale il potere effettivo  finisca con l’essere prevalentemente in mano all’esasperazione e all’estremizzazione emotiva. Infatti, un’ipotetica acquisizione del consenso maggioritario derivante dal proporsi come diretti traslatori sul piano politico-istituzionale della […]

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La politica che parla (soprattutto) alla pancia

Una considerazione preliminare: chi avesse voglia di leggere questo post non proprio breve, magari avendone letti già altri sul blog, potrebbe essere indotto a supporre che, scrivendolo, avessi in mente uno o più leader, partiti o movimenti politici italiani o stranieri. Non è così. Il discorso svolto in questo articolo, come in altri successivi che […]

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Distanziamento spaziale e distanziamento umano

Il distanziamento spaziale, al quale siamo stati vincolati per via del Coronavirus, non è traducibile in distanziamento umano. O, almeno, non dovrebbe. Tuttavia, negli ultimi anni, un certo distanziamento umano è stato così largamente propagandato e praticato, che l’esperienza dell’epidemia potrebbe non bastare a farci capire la natura auto-distruttiva del “ribaltamento valoriale” che lo sottende. In questo post, allora, ipotizziamo che si potrebbe conseguire un avvicinamento umano, se nuove politiche economico-sociali, finalmente attuative dei compiti assegnati alla Repubblica dalla Costituzione, si integrassero con un New Deal culturale e relazionale: cioè con servizi e prassi di ascolto, per dare alla paura, al dolore e alla rabbia la dovuta cittadinanza, impedendogli di pretendere i pieni poteri, e di mediazione, per ri-umanizzarci reciprocamente.

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La caccia alle streghe

In questi giorni difficili, nei quali sono state modificate le nostre abitudini quotidiane, ci è stato proibito il contatto umano, giorni nei quali l’unico modo per esternare il nostro disappunto, il nostro malessere, la nostra frustrazione, è l’utilizzo dei social, si osserva il ritorno prepotente del fenomeno della “Caccia alle streghe”. Ma chi sono queste streghe e chi sono i cacciatori?

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Coluche Président

Coluche, figlio di un immigrato italiano, cresciuto in povertà e divenuto il comico più irriverente, provocatorio e popolare di Francia, si candidò alle elezioni per la carica di Presidente della Repubblica. Così annunciò la propria candidatura «Mi appello agli sfaccendati, agli zozzoni, ai drogati, agli alcolizzati, ai froci, alle donne, ai parassiti, ai giovani, ai vecchi, agli artisti, agli avanzi di galera, alle lesbiche, ai garzoni, ai neri, ai pedoni, agli arabi, ai francesi, ai capelluti, ai buffoni, ai travestiti, ai vecchi comunisti, agli astensionisti convinti, a tutti quelli che non credono più nei politici, affinché votino per me, si iscrivano presso il loro municipio e propagandino la novità. TUTTI INSIEME PER FOTTERLI IN CULO CON COLUCHE, il solo candidato che non ha motivo di mentire». I sondaggi erano dalla sua, ma prima del voto si ritirò. Morì quarantunenne, 5 anni dopo, il 19 giugno del 1986.

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Robert Kennedy: «Non abbiamo bisogno di odio»

Robert Kennedy non parlava alla pancia ma alla coscienza della gente. «Non abbiamo bisogno di odio, ma di amore e saggezza e compassione», diceva. L’assassinio di suo fratello, John Kennedy, lo aveva trasformato. Aveva sofferto e riflettuto. E aveva imparato ad aprirsi, sviluppando una profonda empatia verso gli altri. Così comprese che l’idealismo non andava sacrificato dal pragmatismo. Ex sostenitore della guerra Vietnam, ne divenne un oppositore determinato e si schierò irrevocabilmente contro il razzismo e la discriminazione: «quelli che vivono con noi sono nostri fratelli che dividono con noi lo stesso breve arco di vita, che cercano come facciamo noi, soltanto la possibilità di vivere la propria vita con uno scopo e in felicità». La sua non era una posa o fasulla retorica politica. La sera in cui fu ucciso, le ultime parole che pronunciò furono: «E gli altri? Come stanno gli altri?». 

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A cavallo della paranoia

Il 9 aprile del 1950 il senatore repubblicano McCarthy sparò una balla gigantesca. Una bufala indigeribile. La stragrande maggioranza degli americani, però, la digerì e la assimilò. La destra aveva diffuso una paranoia ormai incontrastabile con strumenti razionali. Adottando una propaganda degna di Goebbels, era stata radicata l’idea che vi fosse un “nemico del popolo”: i comunisti, i progressisti, la sinistra in generale. Un nemico che veniva rappresentato come subdolo, pericolosissimo e sorretto da potenti e oscuri alleati. Così neanche il tentativo dei democratici di accreditarsi come “veri americani”, per battere la destra sul suo terreno, l’anti-comunismo, poteva funzionare. Migliaia di persone pagarono le persecuzioni sulla loro pelle, anche se non erano comunisti. Ma per la maggioranza, se lo meritavano. Come disse Eleonore Roosevelt, la paranoia scatenata era stata «una vera e propria ondata di fascismo, la più violenta e dannosa che questo Paese abbia mai avuto».