Il 23 settembre 1981 è istituita la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2

Forse, se Sindona non avesse inscenato il proprio rapimento, la celebre lista non sarebbe mai stata trovata. O forse sì. Fatto sta, che i giudici istruttori Colombo e Turone ordinarono la perquisizione delle proprietà di Gelli nell’aretino proprio nell’ambito dell’inchiesta sulla scomparsa del banchiere siciliano. La Guardia di Finanza rinvenne, negli archivi della fabbrica Gioele, l’elenco di quasi mille affiliati alla Loggia Propaganda 2 (P2) e, in un certo senso, anche lo stesso Sindona: il suo nome figurava in quello stesso elenco. Era il 17 marzo 1981, ma, considerata la delicatezza della situazione, che vedeva coinvolti nomi molto esposti, Forlani, allora Presidente del Consiglio, rese pubblica la lista solo il 21 maggio seguente.

44 parlamentari, 2 ministri dell’allora governo, un segretario di partito, 12 generali dei Carabinieri, 5 generali della Guardia di Finanza, 22 generali dell’esercito italiano, 4 dell’aeronautica militare, 8 ammiragli, magistrati e funzionari pubblici, direttori e funzionari dei servizi segreti, giornalisti e imprenditori. La P2 attraversava il paese per tutta la sua lunghezza.

La scoperta non può essere considerata alla stregua di uno dei tanti scandali che hanno punteggiato la vita politica italiana. Il caso è ben diverso.

Così scrissero i parlamentari proponenti la Commissione, il 2 giugno 1981. La proposta di legge di quel giorno fu approvata e trasformata in legge effettiva dopo quasi quattro mesi, il 23 settembre, appunto, identificando così gli obiettivi della Commissione stessa:

Accertare l’origine, la natura, l’organizzazione e la consistenza dell’associazione massonica denominata Loggia P2, le finalità perseguite, le attività svolte, i mezzi impiegati per lo svolgimento di dette attività e per la penetrazione negli apparati pubblici e in quelli di interesse pubblico, gli eventuali collegamenti interni ed internazionali, le influenze tentate o esercitate sullo svolgimento di funzioni pubbliche, di interesse pubblico e di attività comunque rilevanti per l’interesse della collettività, nonché le eventuali deviazioni dall’esercizio delle competenze istituzionali di organi dello Stato, di enti pubblici e di enti sottoposti al controllo dello Stato.

È qui che entra in gioco Tina Anselmi. Partigiana, insegnante, sindacalista, parlamentare della Democrazia Cristiana e prima donna a ricoprire l’incarico di ministro nella storia repubblicana, che dal quel 23 settembre fu anche presidente del gruppo di 40 parlamentari che, grazie all’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria a loro disposizione, doveva far emergere la verità sulla Loggia. Posizione a dir poco scomoda, considerato il livello di infiltrazione che l’organizzazione di Licio Gelli vantava in tutti gli ambienti del potere. Difatti, fu oggetto di numerosi veti, interdizioni politiche, delegittimazioni e financo minacce inquietanti: tre chili di tritolo fuori dall’uscio della propria dimora furono un segnale inequivocabile. Nondimeno, il “pubblico ministero del popolo” condusse la propria opera sino a conclusione e oltre, considerato che il 12 luglio 1984, giorno della comunicazione alle Presidenze delle Camere, si colloca ben al di là degli iniziali 6 mesi di lavori prospettati dalla legge istitutiva.

Diversi gli aspetti messi in luce da tanti mesi di lavoro, al termine dei quali la Commissione:

  • “Giudicò la lista attendibile ma presumibilmente incompleta.
  • Giudicò la Loggia «responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici, quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale» della strage dell’Italicus.
  • Giudicò la Loggia «un complotto permanente che si plasma in funzione dell’evoluzione della situazione politica ufficiale».
  • Sottolineò l’«uso privato della funzione pubblica da parte di alcuni apparati dello stato» legati alla Loggia.
  • Sottolineò la divisione funzionale della Loggia e quindi che, benché tutti gli affiliati fossero consapevoli del fine surrettizio della Loggia, fosse necessario individuare il settore di appartenenza dei singoli affiliati per risalire alle responsabilità personali.
  • Sottolineò che la presenza di alcuni imprenditori si poteva spiegare con i benefici economici che il legame con alti dirigenti di imprese pubbliche e banche poteva potenzialmente portare loro, per esempio sotto forma di credito concesso in misura superiore a quanto consentito dalle caratteristiche dell’impresa da finanziare.
  • Sottolineò come ci fossero «poche ma inequivocabili prove documentali» che provavano l’esistenza della Loggia di Montecarlo (ora Massonic Executive Committee) e della più elitaria P1, considerandole entrambe creazioni di Licio Gelli.”

Dalle ore 15:00 del 5 maggio 2014 furono resi pienamente e facilmente consultabili tutti gli atti emessi dalla Commissione: il sito fontitaliarepubblicana.it evitava la fatica di recarsi alla Camera per accedervi. L’imperfetto è d’obbligo, dal momento che, ad oggi, il portale non è accessibile.

Alessio Gaggero

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