Luca Coscioni muore il 20 febbraio 2006

Non è una battaglia che ho scelto io, è lei che ha scelto me.

Il 20 febbraio 2006 muore a 38 anni Luca Coscioni, dal ’95 affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA); muore soffocato perché non vuole la tracheotomia, rifiuta di continuare a vivere attaccato a una macchina. Non può parlare, è bloccato su una sedia a rotelle e completamente dipendente nei movimenti, eppure rivendica e mette in atto il diritto dell’individuo di decidere liberamente sulla propria vita e la propria morte.

Luca non è un paziente qualunque: ha fondato l’associazione che porta il suo nome per battersi per i diritti d’informazione e libertà di scelta di tutti i malati, è da sempre attivo nel sociale e in politica, ha condiviso le sue battaglie con i Radicali Italiani, di cui è stato presidente tra il 2001 ed il 2006.

Alla sua morte, i messaggi di cordoglio del mondo politico lo battezzano eroe, testimone di speranza, esempio da imitare: sono tuttora visibili, alla pagina web “Ciao Luca”, novantatré pagine di agenzie di stampa con testimonianze di accorata partecipazione da tutto l’arco costituzionale. Eppure, quella stessa politica che lo ha salutato commossa lo aveva emarginato, non voleva saperne delle sue lotte e delle sue idealità. In vita Luca era stato letteralmente bandito, sgradito sia al centro-sinistra che al centro-destra. Faceva, era scandalo: scandalo quel corpo malato che non accettava pietà, ma voleva giustizia, quel corpo messo in gioco per dare speranza a tutti quei malati che ancora oggi non sono riconosciuti come persone e diventano oggetti di scambio per la politica; si è detto che il suo era un “corpo politico”, una “straordinaria risorsa narrativa ed emotiva, tanto più nell’era dell’immagine. Il corpo come arma definitiva.”. Non gli veniva perdonato che si battesse per il rispetto di quei diritti che la Costituzione prevede e sancisce: il diritto a una vita dignitosa, il diritto a una morte non umiliante. Non gli si perdonava il suo essere contro ogni proibizionismo nella ricerca scientifica.

Nato nel 1967 a Orvieto, nella prima parte della sua vita insegna Economia ambientale all’università di Viterbo ed è un maratoneta appassionato; lo spartiacque è il 1995, come racconta lui stesso:

Mentre mi alleno per New York, fatti pochi passi, sono costretto a fermarmi, non riesco più a correre. Ancora non lo sapevo, ma quello sarebbe stato il mio ultimo allenamento. Due mesi dopo, mi viene diagnosticata la SLA. Il neurologo non ha la forza di comunicarmi personalmente che è stata emessa, nei miei confronti, una sentenza di condanna a morte. Mi consegna, quindi, in busta chiusa, una lettera, che avrei dovuto consegnare al mio medico di famiglia. Su quella lettera c’era scritto che entro tre-cinque anni sarei morto, paralizzato nel mio letto.

Luca viene visitato in vari ospedali, senza beneficio. In Italia ci sono circa 5mila persone affette da SLA, o morbo di Lou Gehrig; un numero incerto, calcolato sulle statistiche (1,5 casi ogni 100mila), visto che l’attivazione di un registro nazionale è stata promossa solo dal 2017, su iniziativa dell’AISLA. Solo dal 2001 inclusa nell’elenco delle patologie rare, è una malattia degenerativa del sistema nervoso, colpisce i neuroni che danno impulsi ai muscoli del corpo, provocando crescenti problemi al movimento, alla nutrizione, alla parola.

Tuttavia, le capacità intellettive di Luca permangono intatte e, quattro anni dopo la diagnosi, si sposa e decide di ritornare alla politica. Quando il Parlamento europeo vota una mozione contro la clonazione terapeutica, nel 2000, decide di candidarsi alle elezioni online per il rinnovo del Comitato Nazionale dei Radicali Italiani, l’organo deliberativo del movimento, promuovendo una campagna ispirata ai valori della laicità e della tutela dei diritti civili, contro il proibizionismo nella ricerca scientifica. Viene eletto e i radicali fanno della battaglia per la libertà di ricerca sulle cellule staminali il tema centrale della loro campagna per le elezioni politiche del 2001.

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Luca Coscioni è il candidato capolista ed è sostenuto da un appello firmato da decine di premi Nobel di tutto il mondo, tra cui lo scrittore José Saramago, che gli dedica pubblicamente parole di profonda stima. Partecipa a dibattiti televisivi nazionali, comunicando mediante il suo sintetizzatore vocale, viene ricevuto dal presidente della Repubblica Azeglio Ciampi e dal ministro della Sanità Umberto Veronesi, partecipa a sit-in di protesta e arriva ad autoridurre i propri farmaci, in un’azione nonviolenta atta a denunciare l’insufficiente informazione da parte della televisione pubblica sulla questione della libertà della ricerca scientifica.

Non viene eletto, ma pochi mesi dopo è di nuovo sostenuto da centinaia di scienziati, medici, malati e personalità politiche e della cultura come candidato per il rinnovo del Comitato Nazionale di Bioetica. Nonostante l’imponente mobilitazione, non viene scelto: secondo alcuni, pesano a suo sfavore la mancanza di titoli specifici nel curriculum e il ruolo di Presidente di Radicali Italiani, ma forse lo feriscono e indignano anche di più le parole di una docente eletta tra i nuovi membri, secondo cui la candidatura è stata respinta perché “il Comitato non è il luogo di rappresentazione del dolore del mondo”.

Per continuare a porre all’attenzione dell’opinione pubblica le istanze che connotano le sue battaglie, il 20 settembre del 2002, giorno in cui in Italia si commemora la liberazione di Roma dal potere temporale del Vaticano, viene fondata l’Associazione Luca Coscioni, con “lo scopo di promuovere la libertà di cura e di ricerca scientifica, l’assistenza personale autogestita e affermare i diritti umani, civili e politici delle persone malate e disabili”. Luca si impegna a 360 gradi per difendere i diritti dei malati: quando si combatte, si combatte per tutti.

Il suo obiettivo è “restituire mani e voce a chi mani e voce non ha oppure non può più utilizzarle o ancora utilizzarle solo con grandi difficoltà”. Ha sperimentato sulla propria pelle che la persona malata, non appena una diagnosi le fa assumere questo nuovo status, perde immediatamente elementari diritti umani, tanto più quanto più gravi sono le condizioni di salute, e s’infuria contro chi lo considera “un povero handicappato strumentalizzato”:

La mia, la nostra battaglia radicale per la libertà di Scienza, mi ha consentito di riaffermare, in particolare, la libertà all’elettorato passivo, il poter essere cioè eletto in Parlamento, per portare istanze delle quali nessun’altra forza politica vuole e può essere portatrice.

La sua voce, resa metallica dal sintetizzatore vocale, diviene un tratto distintivo nelle numerose occasioni in cui prende la parola in pubblico:

La comunicazione è vita. Privare una persona di questa facoltà non equivale a toglierle la vita. È molto peggio. Significa imprigionarla in un corpo che non ha più alcun senso di esistere. Se poi questo corpo è anche completamente immobile o soltanto parzialmente mobile, non poter comunicare diviene una vera e propria tortura psicologica e fisica.

La sua è anche, e consapevolmente, una lotta urgente:Il fatto è che non ho molto tempo, non abbiamo molto tempo. E, tra una lacrima e un sorriso, le nostre dure esistenze non hanno bisogno degli anatemi dei fondamentalisti religiosi, ma del silenzio della libertà. Le nostre esistenze hanno bisogno di libertà per la ricerca scientifica. Ma non possono aspettare. Non possono aspettare le scuse di uno dei prossimi papi.

L’Associazione Luca Coscioni, dopo essere stata impegnata nella campagna referendaria volta a cancellare la legge del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita, che vieta qualsiasi forma di ricerca sulle cellule staminali embrionali (le più promettenti per la cura di malattie come la SLA), ha proseguito l’iniziativa politica per superarne i divieti attraverso proposte di legge e iniziative giuridiche che hanno portato nel tempo a pronunce giurisdizionali che ne hanno attutito la portata proibizionista.

Luca non ha fatto in tempo a vedere gli esiti delle battaglie da lui iniziate. Ad oggi, rimane ancora molto da fare: le fondamentali questioni della vita e della morte, del come vivere e come morire, della libertà di ricerca, di come garantire dignità a malati e disabili, e sollievo alle loro famiglie, sono ancora lì, e attendono soluzione, attenzione, “regola”. E continua, opprimente, la cappa di una informazione “scientifica” superficiale, monca, inquinante a tutti gli effetti.

È stato scritto che la vicenda di Luca Coscioni

Riassume perfettamente il perché trattare i cosiddetti “diritti civili” come qualcosa di secondario, di non indispensabile, come un capriccio di élite sazie e incoscienti sia tanto superficiale quanto sbagliato, sia per le vite degli individui, sia per la ricchezza materiale e culturale del Paese in cui essi vivono.

In fondo, Luca non si è battuto che per questo: il diritto umano e civile alla conoscenza.

 

Silvia Boverini

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Fonti:
www.it.wikipedia.org; “Vivo o morto, X? Intervista con Luca e Maria Antonietta Coscioni”, www.aduc.it; M. A. Farina Coscioni, “Nove anni fa moriva Luca Coscioni una vita spesa per la libertà”, www.articolo21.org; M. Mascioletti, “Luca Coscioni, l’Italia e il tempo che abbiamo perso”, www.stradeonline.it; www.associazionelucacoscioni.it; V. Vecellio, “Vi racconto Luca Coscioni, mio marito guerriero”, http://ildubbio.news; “Ciao Luca”, www.scribd.com

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