1989, prime rivelazioni sul disastro aereo di Lockerbie

Il 16 febbraio 1989, un paio di mesi dopo l’incidente aereo del volo Pan Am 103, gli investigatori annunciarono che la causa dello schianto fu una bomba nascosta all’interno di un apparecchio radio. Il 21 dicembre 1988 il velivolo, un Boeing 747-121, era decollato verso le 18.30 dall’aeroporto internazionale di Heathrow (Londra) diretto a New York, con 243 passeggeri e 16 membri dell’equipaggio a bordo. Alle 19.02 il Boeing sparì dai tracciati radar.

Un minuto dopo la sezione centrale dell’aeroplano, che conteneva circa 91.000 kg di carburante, si schiantò al suolo presso Lockerbie, in Scozia, provocando una scossa sismica registrata come 1,6 della scala Richter; molte case e 60 metri di ala si frantumarono all’impatto. La disintegrazione dell’apparecchio fu rapida, la parte con la cabina di pilotaggio e il terzo motore si separarono dal resto del mezzo in circa 3 secondi. Nessuna procedura d’emergenza poté essere intrapresa a bordo. L’esplosione distrusse tutti i sistemi di navigazione e comunicazione; si staccò anche parte del tetto, mentre il resto dell’aereo continuò ad andare su e giù per poi precipitare in posizione quasi verticale. I detriti derivanti dalla disintegrazione del mezzo coprirono un’area di circa 2.000 chilometri quadrati.

Tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio morirono nel disastro. La Fatal Accident Inquiry concluse che la decompressione strappò la maggior parte dei vestiti dei passeggeri e trasformò oggetti come il carrello delle vivande in proiettili. Le persone non sedute o adeguatamente assicurate ai sedili vennero sbalzate fuori dalla cabina a una temperatura di -46 °C. Molti passeggeri rimasero all’interno dell’aereo grazie alle cinture di sicurezza, fino allo schianto. Secondo il medico legale, i membri dell’equipaggio e 147 passeggeri sopravvissero all’esplosione a bordo, nonostante l’enorme decompressione, e arrivarono al suolo vivi.

A terra, 11 abitanti della piccola comunità di Lockerbie morirono quando le ali dell’aereo, ancora attaccate alla parte centrale della fusoliera, colpirono le loro case alla velocità di 800 km/h, polverizzandole all’istante, creando un cratere lungo 47 metri e danneggiando nelle vicinanze altre case, che furono in seguito demolite.

Nei giorni successivi, gli uomini dell’Air Accident Investigation Branch, una sezione della polizia scozzese specializzata in disastri aerei, trovarono danni e bruciature che sembravano confermare i segni di un’esplosione ravvicinata, oltre alle tracce di due sostanze chimiche usate per fabbricare un esplosivo al plastico.

Le indagini si svolsero con la collaborazione dell’FBI, poiché più della metà delle vittime erano di nazionalità statunitense. Sedici giorni prima della strage, la Federal Aviation Administration aveva pubblicato un bollettino secondo cui un uomo con forte accento arabo aveva chiamato l’ambasciata americana a Helsinki, avvertendo che un volo della Pan Am verso New York sarebbe esploso in volo entro le due settimane successive. Inoltre, poche settimane prima, la polizia tedesca aveva catturato due componenti del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina intenzionati a compiere un attentato su un volo di linea, per cui le prime ipotesi investigative si volsero in quella direzione.

Poiché molti indizi sembravano invece condurre a un coinvolgimento libico, cominciò a circolare l’idea che l’attentato al volo Pan Am 103 potesse essere una vendetta del leader Gheddafi per la morte della figlia nei bombardamenti americani su Tripoli del 1984.

Dopo tre anni di investigazioni congiunte, l’FBI e la polizia di Dumfries and Galloway accusarono dell’attentato Abd el-Basset Ali al-Megrahi, ufficiale dell’intelligence libica e capo della sicurezza per Libyan Airways, e Lamin Khalifah Fhimah, responsabile della Libyan Airways presso l’Aeroporto Internazionale di Malta.

Non esistendo però trattati diretti fra i due paesi, gli inglesi non potevano richiedere ufficialmente l’estradizione dei presunti colpevoli, per cui incaricarono gli uomini dell’MI-6 di aprire dei canali extradiplomatici con Tripoli per ottenere in altri modi la loro consegna. Nel frattempo partì una pubblica escalation di accuse, ricatti e controaccuse, che culminò con una pesante serie di sanzioni internazionali imposte alla Libia dall’ONU, per ottenere la consegna dei due presunti attentatori.

A lungo andare il prezzo pagato per le sanzioni diventò insostenibile: dopo lunghe trattative, la Libia riconobbe ufficialmente “le responsabilità dei nostri ufficiali” e consegnò i due sospettati, a condizione che venissero giudicati in un tribunale neutrale, nei Paesi Bassi, alla presenza di osservatori internazionali. Al termine del processo, nel 2001, Fhimah fu assolto, mentre al-Megrahi fu ritenuto colpevole e condannato all’ergastolo, con una pena minima di venti anni da scontare.

Nonostante questi si proclamasse innocente, e nonostante il principale osservatore dell’ONU, Hans Köchler, abbia definito il verdetto uno “spettacolare aborto giuridico” (“a spectacular miscarriage of justice”), il mondo si convinse che l’attentato fosse partito proprio dalla Libia. Nel 2002 al-Megrahi tentò un ricorso in appello, ma la sua richiesta fu respinta per “inconsistenza delle motivazioni”.

Al-Megrahi non si arrese, e iniziò a far raccogliere tutta la documentazione possibile per preparare un secondo appello.

Nel frattempo Gheddafi appariva ammansito, sullo scenario internazionale, e, a conferma delle sue buone intenzioni, si impegnò a pagare 2.7 miliardi di dollari alle famiglie delle vittime (circa 10 milioni di dollari per famiglia), legando però i pagamenti alla cancellazione definitiva delle sanzioni contro la Libia e alla rimozione del suo paese dalla lista degli “stati-canaglia”.

Il 20 agosto 2009, tra enormi polemiche, al-Megrahi fu rilasciato dalle autorità scozzesi perché malato di cancro e morì a Tripoli tre anni dopo. Con la sua morte, si sono messi a tacere i segreti delle sue attività al servizio di Gheddafi all’epoca della strage, ma sulla sua innocenza l’unico condannato per la strage di Lockerbie ha lasciato abbastanza materiale ai posteri per riflettere. Se avesse presentato un nuovo ricorso, avrebbe molto probabilmente vinto. La testimonianza del commerciante Tony Gaucci a Malta, che indicò in lui il cliente cui vendette abiti che lo avrebbero ricollegato alla valigia-bomba della strage, ha fatto sempre acqua da tutte le parti. E al-Megrahi non era a Malta il giorno in cui furono venduti i famosi vestiti.

Al-Megrahi ha comprensibilmente scelto di morire in Libia, anziché combattere dalla prigione per riabilitare il suo nome. Come testamento ha lasciato le memorie che John Ashton, ricercatore per i suoi avvocati al processo e autore di un libro sul caso, collega a una serie di fatti e documenti che dimostrano falle nelle indagini; lo stesso Scottish Criminal Review Commission, in un rapporto di 800 pagine sul caso, affermò che la difesa di al-Megrahi era stata danneggiata e che pertanto “un errore giudiziario possa essere occorso”. Persino tra i parenti delle vittime c’è chi pensa che Abd el-Basset Ali Al-Megrahi sia stato vittima di un clamoroso errore giudiziario.

Nel 2014, l’emittente araba al Jazeera produsse il documentario “Lockerbie: What Really Happened?”, incentrato sull’intervista a un ex agente dell’intelligence iraniana, Abolghassem Mesbahi; secondo l’ex spia fu l’Ayatollah Khomeini a ordinare l’abbattimento del volo Pan Am, come rappresaglia per un attacco messo a segno sei mesi prima dalla marina USA contro un airbus iraniano, costato la vita a 290 persone. L’attentato di Lockerbie sarebbe stato organizzato da membri dei regimi iraniano, siriano e libico, e materialmente eseguito da un gruppo terroristico avente base in Siria, costituito da fuoriusciti del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Della pista iraniana avevano già parlato alcuni analisti e giornalisti, tra cui Robert Fisk, individuando una connection libano-palestinese.

Il documentario suggerisce che le indagini abbiano cambiato improvvisamente corso, puntando su Tripoli, dopo una telefonata tra l’allora presidente USA George Bush e la premier britannica Margaret Thatcher, molto probabilmente perché Washington non voleva scontrarsi con il regime di Damasco, che appoggiava Stati Uniti e Regno Unito nella prima Guerra del Golfo contro Saddam Hussein. USA e Gran Bretagna avrebbero poi dirottato l’attenzione dall’Iran sulla Libia, poiché Tripoli era all’epoca un avversario più “facile” e perché erano in corso negoziati segreti con Teheran finalizzati alla liberazione di ostaggi occidentali nelle mani dell’Hezbollah filo-iraniano.

L’Iran ha immediatamente smentito questa tesi.

Nel giro di tre anni dal disastro di Lockerbie, la Pan American World Airways, già in crisi, cessò le proprie attività.

In ricordo delle 270 vittime è stato eretto un memoriale, il Garden of Remembrance, nel cimitero di Lockerbie.

Silvia Boverini

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Fonti: www.it.wikipedia.org; www.corriere.it; M Mazzucco, “La vera storia del volo di Lockerbie”, https://comedonchisciotte.org; “L’attentato di Lockerbie venne ordinato dall’Iran”, www.today.it; www.globalist.it

 

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