1973, resa del “territorio libero di Wounded Knee”

Nell’inverno 1973 un gruppo di giovani Indiani Americani della Nazione Lakota occupa, armi alla mano, il territorio di Wounded Knee richiedendo il rispetto degli accordi siglati nel 1868, il controllo delle Black Mountains (territorio sacro per i Lakota), la rimozione delle corrotte autorità delle riserve, la fine dello sfruttamento e della distruzione dei territori da parte delle grandi compagnie minerarie americane. La situazione è drammatica nell’intera Riserva di Pine Ridge (South Dakota), dove l’uso incontrollato di agenti chimici nelle ricerche minerarie ha causato l’avvelenamento delle falde acquifere con la conseguente larga diffusione di malattie tumorali e nascite di bambini deformi. Inoltre, gli abitanti della riserva denunciano il clima di terrore imposto dal capo-tribù corrotto Dick Wilson, che ha fatto assassinare dalla sua polizia privata paramilitare circa 60 nativi per eliminare ogni forma di resistenza alla vendita di parti del territorio per lo sfruttamento delle risorse di uranio.

A sostegno dei Lakota di Pine Ridge si mobilita l’American Indian Movement (AIM), l’organizzazione radicale che dal ’68 raggruppa attivisti di tutte le comunità indiane americane per il rispetto dei trattati siglati dal governo americano e contro la corruzione delle amministrazioni tribali delle riserve.

Per i nativi americani, Wounded Knee è un nervo scoperto a causa della strage del 1890, ultimo episodio delle guerre tra pellerossa e i “visi pallidi” mandati da Washington, un’autentica carneficina con un’intera tribù circondata e sterminata a raffiche di mitragliatrice dai soldati del 7° reggimento di cavalleria degli Stati Uniti: una tragedia entrata nella cultura popolare tramite canzoni, libri e film. L’area nella quale furono uccisi 150 indiani (ma alla fine degli scontri verranno contate circa 300 vittime) è stata dichiarata dal governo National Historic Landmark, ma è rimasta in mani private, nell’ambito di un vasto progetto governativo di privatizzazione forzata di ampie zone della Nazione Indiana.

Simbolicamente, alla nuova esplosione del conflitto tra nativi e governo americano, circa duecento sioux del gruppo Oglala Lakota, aderenti all’American Indian Movement, si asserragliano nello stesso posto in cui nel 1890 la cavalleria aveva massacrato i loro avi, prendendo in ostaggio una decina di civili che lavorano nei negozietti turistici o nelle poche attività presenti nel villaggio; alla loro testa c’è Russell Means, Lakota dalle idealità libertarie. Uomini, donne e bambini piazzano le tende intorno alla chiesa, trasformano l’emporio in sala dei congressi e di refezione, sistemano uomini armati in rudimentali bunker, legano le penne d’aquila alle trecce e organizzano la resistenza.

Nella riserva arrivano giovani nativi da tutti gli Stati Uniti e viene creato un consiglio formato dai rappresentanti di 75 Nazioni Indiane; nonostante le leggi americane permettano di portare in pubblico armi, il governo federale denuncia come terrorismo l’occupazione e mette in campo tiratori scelti della polizia federale, mezzi blindati ed elicotteri, circondando la zona.

Il comitato di occupazione non si lascia intimidire, richiedendo la fine delle aggressioni contro il popolo indiano, lo scioglimento delle amministrazioni corrotte, una ridiscussione dei 371 trattati tra le Nazioni Native e il governo federale, non uno dei quali in un secolo risultava rispettato. In attesa di una risposta da parte delle autorità, i  giovani Lakota rifiutano di consegnare le armi. Il governo risponde tagliando l’elettricità e impedendo ogni rifornimento di viveri dall’esterno.

Nonostante la durezza del clima, spesso molto sotto lo zero, per tutto l’inverno gli uomini e le donne di Wounded Knee rifiutano di arrendersi, vivendo secondo i costumi tradizionali, celebrando nascite e matrimoni secondo gli antichi riti. Per 71 giorni Washington non ha potere nel luogo simbolo della resistenza indiana: malgrado l’assedio la comunità si autogoverna e l’11 marzo i rappresentanti del movimento dichiarano l’indipendenza dagli Stati Uniti del territorio occupato.

Si verificano veri e propri scontri a fuoco, con un bilancio complessivo di due morti e una decina di feriti a Wounded Knee e due militari USA feriti gravemente; altri dodici occupanti, usciti dalla riserva in cerca di viveri, risultano dispersi, probabilmente sequestrati e fatti sparire dalle squadracce armate che fiancheggiavano le forze di polizia e i militari.

Nel frattempo sono in molti a schierarsi dalla parte degli assediati: altri indiani, ma anche attivisti dei diritti civili, afroamericani e personalità di spicco come l’attore Marlon Brando. Quest’ultimo, in solidarietà con gli assediati, non si presenta alla cerimonia degli Oscar per ritirare il premio vinto per “Il Padrino”, cedendo il palco a Sacheen Littlefeather, presidentessa dell’associazione per l’identità culturale dei nativi americani; la donna, in abito tradizionale apache, consegna alla stampa le 15 cartelle del discorso di Brando e usa i 60 secondi concessi per denunciare lo stravolgimento che il cinema americano fa della storia indiana e per portare all’attenzione collettiva la vicenda di Wounded Knee. In sala si scatena un putiferio, fra applausi e fischi, mentre John Wayne cerca di raggiungere il palco per gettare fuori Sacheen, fermato a stento da quattro guardie; grazie a tutto ciò, l’occupazione del sito indiano diventa di dominio pubblico, addirittura mondiale, e lo stesso Russell Means dirà in seguito che senza l’iniziativa di Brando e Sacheen “non avrebbero salvato la pelle”.

L’8 maggio, i nativi decidono di porre fine all’occupazione; l’esercito assalta la riserva con i mezzi corazzati e gli occupanti vengono arrestati. Gli indiani sono costretti ad abbandonare la zona, ottenendo in cambio l’apertura di un’inchiesta governativa sulle loro problematiche. La politica tradirà gli impegni assunti e il nulla di fatto causerà una serie di scaramucce anche negli anni successivi, con alcune vittime e una persistente, irreversibile tensione.

I processi seguiti all’assedio di Wounded Knee, incluso quello intentato contro Means, vedono prosciolti tutti gli accusati. Tuttavia, le milizie native filogovernative, restaurate nel loro potere, regolano i loro conti nelle riserve: gli attacchi dei paramilitari al servizio di Wilson divengono quotidiani, in tre anni 64 membri dell’AIM vengono assassinati, 300 sequestrati e sottoposti a torture, 562 arrestati, e l’eccidio proseguirà tra gli anni ‘70 e ‘80.

A tutt’oggi la riserva di Pine Ridge è il distretto più povero degli Stati Uniti d’America, con un tasso di disoccupazione attorno al 80%. La situazione abitativa è misera, malattie e un alto tasso di suicidi soprattutto fra i giovani segnano la vita della comunità. L’aspettativa di vita media è di 49 anni e circa il 40% delle case non dispone né di acqua potabile né di elettricità. I piccoli progetti di auto-aiuto quali l’allevamento di bisonti e l’installazione di piccoli impianti solari ricevono poco sostegno e non riescono a svilupparsi. Lo stesso sito storico di Wounded Knee rischia di essere venduto al migliore offerente da parte del privato che ne detiene legalmente la proprietà.

Il 13 dicembre 2007 i rappresentanti della tribù Lakota degli indiani d’America hanno stracciato i trattati firmati dai loro antenati nel 1868 a Fort Laramie. “Non siamo più cittadini degli Stati Uniti d’America e tutti coloro che vivono nelle regioni dei cinque Stati su cui si estende il nostro territorio sono liberi di unirsi a noi”, ha dichiarato a Washington Russell Means, che morirà pochi anni dopo. “I trattati – ha aggiunto – sono parole senza valore scritte su carta senza valore, perché non sono rispettati dal Governo americano”.

Silvia Boverini

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Fonti:

www.it.wikipedia.org; M. Innocenti, “10 maggio 1973: la resa di Wounded Knee”, www.ilsole24ore.com; www.facebook.com/cannibaliere; G. Amico, “Wounded Knee 1973. Territorio libero d’America”, http://cedocsv.blogspot.com; “La terra di Wounded Knee”, www.ilpost.it; “Sioux, Wounded Knee rischia di finire all’asta”, www.corriere.it; Wu Ming 1, “Ghost Dance”, www.wumingfoundation.com; “Marlon Brando e Wounded Knee”, www.associazioneilcerchio.it

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