Il 1° aprile, il Mein Kampf e il boicottaggio nazista del commercio ebraico

Il 1° aprile decisamente non è un gran giorno del calendario per gli ebrei. Si commemora giustamente la Shoah il 27 gennaio, essendo stato liberato il 27 gennaio del 1945 il campo di sterminio nazista di Aushwitz dalle truppe sovietiche. Il 1° aprile, invece, non si collega ad alcuna liberazione, ma alla persecuzione degli ebrei d’Europa. E questa connessione si presentò due volte a distanza di 9 anni, in stretta relazione proprio con il percorso politico di Adolf Hitler, dalla sua incarcerazione, a seguito del fallito “Putch della Birreria“, fino alla nazificazione della Germania, avviata dal momento della sua presa del potere.

Il 1° aprile 1924 e il “Mein Kampf”

Il 1° aprile 1924 Hitler venne condannato a 5 anni di reclusione, a seguito del fallito “putch della Birreria“, il colpo di Stato che aveva tentato di realizzare a Monaco. Nel carcere di Landsberg, dov’era detenuto, iniziò immediatamente la stesura del “Mein Kampf”, scritto da Rudolph Hess sotto sua dettatura. La stesura del “Mein Kampf” proseguì ben oltre il 20 dicembre 1924, giorno della scarcerazione anticipata di Hitler. In realtà, pare che quand’era recluso, nella stesura del testo Hitler sia stato aiutato dal cappellano del carcere Bernhard Stempfle. Costui ne corresse ed eliminò molti errori, ovvietà infantili e passaggi eccessivamente prolissi. E pagò con la vita questo suo contributo. Finì, infatti, ucciso nella notte dei lunghi coltelli del 1934, così da evitare che potesse rivelare i limiti, come autore, di Hitler, nel frattempo diventato il Führer del Terzo Reich.

L’antisemitismo.

L’opera, iniziata in concomitanza con il suo ingresso in carcere in quel 1° aprile del ’24, proprio non poteva essere accusata di reticenza o elusività, rispetto alla ferocia dei progetti hitleriani. Nel “Mein Kampf”, Hitler, partendo dal falso storico dei protocolli dei Savi di Sion, sviluppò le sue tesi sull’esistenza di un «pericolo ebraico», cioè di una cospirazione ebraica internazionale, intesa a dominare il mondo. Non sono molte le opere che, come le pagine del “Mein Kampf”, offrono spunti così efficaci a chi fosse intenzionato a demonizzazione un gruppo di persone. Ad esempio, particolarmente “interessanti” sono le pagine in cui, dopo aver spiegato che egli era cresciuto con una mentalità liberale e tollerante, Hitler descriveva l’effetto che ebbe quando incontrò per la prima volta, a Vienna, un ebreo.

«Ma costui è tedesco?», raccontava, nel “Mein Kampf”, di essersi chiesto.

Quindi passava a narrare la sensazione di soffocamento provata a Vienna, per quella che chiamava

«la miscela di boemi, di polacchi, di ungheresi, di ruteni, di serbi, e di croati … e soprattutto quei funghi che prosperano sempre nelle crepe dell’umanità: ebrei, sempre ebrei».

Nel “Mein Kampf”, Hitler sosteneva che gli ebrei non erano che un peso per la società: dei parassiti, dei criminali per natura. E non lesinava allusioni a turpi ebrei che seducevano innocenti fanciulle inquinando il sangue della razza ariana. Ancora, più di vent’anni dopo quel 1° aprile del ’24, nel suo testamento politico, scritto poco prima di suicidarsi, Adolf Hitler, nella parte riservata all’appello ai posteri, denuncerà ancora il complotto giudaico internazionale, accusandolo di essere il vero e solo responsabile della Seconda Guerra Mondiale. Anche qui, come nel “Mein Kampf”, non mancheranno i ripetuti ed espliciti riferimenti alla finanza internazionale e a quelle che egli definiva le sue macchinazioni per corrompere la purezza della razza ariana.

L’anti-comunismo e l’anti-liberalismo

L’antisemitismo, inoltre, si collegava con l’anticomunismo e l’antiliberalismo. Nel “Mein Kampf”, infatti, Hitler rappresentava il comunismo e l’ebraismo come i due mali gemelli del mondo. Ma ce l’aveva anche e parecchio con la socialdemocrazia e i suoi rappresentanti. Non in quanto socialisti, ma in quanto democratici. Non a caso attaccava la concezione liberale dello Stato, di cui detestava sia il principio della divisione dei poteri sia il sistema parlamentare e gli altri principi fondamentali. Coerentemente nel “Mein Kampf” annunciava il suo proposito di totale cancellazione del sistema parlamentare. Come abbiamo ricordato in altri due post (Hitler non fece né un colpo Stato, né una rivoluzione e La democrazia in fumo), Hitler raggiunse il potere proprio grazie al meccanismo della democrazia rappresentativa, cioè del sistema parlamentare di quella Repubblica che intendeva cancellare.

1° aprile 1933, il boicottaggio del commercio ebraico

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C’era scritto tutto nel “Mein Kampf”. Tutto ciò che poi fu crudelmente e sanguinosamente realizzato. Però, a prenderlo sul serio, in Germania e all’estero, furono troppo pochi tra i già non molti non-nazisti che lessero quel testo. Ad esempio, sul piano dell’antisemitismo, i provvedimenti adottati fin da subito dal governo nazista e poi le di poco successive leggi razziali innegabilmente rispecchiavano con fedele precisione le idee espresse nel “Mein Kampf”. Il boicottaggio del  1 aprile 1933, si collocò proprio in questa cornice. E, del resto, anche in quella più ampia della nazificazione della Germania, che il nuovo governo intendeva inesorabilmente e immediatamente realizzare. Come abbiamo ricordato, rievocando l’incontro del 30 marzo tra Joseph Goebbels e il più ammirato regista del cinema tedesco, Fritz Lang (Goebbels, Fritz Lang e la propaganda cinematografica nazista), il partito nazionalsocialista non mirava solo al governo, ma intendeva plasmare la mente e lo spirito dei tedeschi. E intendeva farlo sia direttamente che indirettamente, cioè in modo più o meno velato [1].

La spontaneità artificiale del boicottaggio del 1° aprile 1933.

 Il Partito Nazionalsocialista (NSDAP), infatti, concepì il boicottaggio come parte rilevante di una massiccia campagna propagandistica antisemita, avente lo scopo di giustificare, agli occhi dell’opinione pubblica interna ed internazionale, la necessità di adottare in Germania una legislazione restrittiva nei confronti degli ebrei. Tentò, pertanto, di far apparire questa campagna, accuratamente preparata dalla direzione del partito, come “spontanea”. Così, dovendo essere percepita come una manifestazione di popolare avversione nei confronti degli ebrei, nel comitato organizzativo del boicottaggio del 1 aprile 1933, costituitosi nominalmente il 29 marzo, si era deciso che non figurassero membri del governo [2].

Le azioni di boicottaggio antisemita del 1° aprile

Il comitato organizzò in tutte le città tedesche azioni di boicottaggio e soprusi vari contro il commercio e le altre attività svolte da ebrei. Le SA trascinavano professionisti e commercianti in strada per costringerli a sfilare con loro addobbandoli con cartelli denigratori. Facevano dei picchetti davanti ai negozi gestiti da ebrei, per impedire ai clienti di entrarvi, e diffondevano volantini sul dovere di ogni bravo cittadino di combattere la penetrazione ebraica nella vita economica tedesca. La Stella di David veniva dipinta in giallo e nero su migliaia di porte e finestre, con l’accompagnamento di slogan antisemiti. Sui muri erano appesi cartelli con scritte come:

«Die Juden sind unser Unglück!» («gli ebrei sono la nostra disgrazia»), «Kauf nicht bei Juden!» («non comprate dagli ebrei») e «Geh nach Palästina!» («tornate in Palestina»).

Joseph Goebbels: il governo prende atto di radicati sentimenti antisemiti nel popolo tedesco

Il governo ufficialmente non sostenne queste manifestazioni antisemite. Il ministro della Propaganda e della Cultura Popolare, Joseph  Goebbels, però, intento com’era ad organizzare meticolosamente l’immensa macchina della propaganda di regime, non trascurò di affermare, in un comizio al Lustgarten di Berlino, che il governo prendeva atto del fatto che il popolo tedesco nutriva radicati sentimenti antisemiti.

Il boicottaggio nazista del 1°aprile 1933 e l’escalation delle persecuzioni antisemite

Il boicottaggio nazista del commercio ebraico iniziato il 1º aprile 1933, nominalmente realizzato in risposta al boicottaggio ebraico di merci tedesche, avviato poco dopo il giuramento di Adolf Hitler come cancelliere, il 30 gennaio 1933, non ebbe, tuttavia, il successo sperato. Non inizialmente. Infatti, i tedeschi continuarono ad avvalersi dei prodotti e dei servizi offerti dalle imprese condotte da ebrei. Ma il boicottaggio del 1° aprile non fu che la prima delle tante misure persecutorie che il Terzo Reich adottò contro gli ebrei tedeschi prima di arrivare a sterminarli, potendo contare, a quel punto, sull’indifferenza o sul plauso del popolo tedesco . Questa iniziale campagna di persecuzione si sviluppò attraverso sempre più violente e frequenti vessazioni, arresti arbitrari, saccheggi sistematici, espropri di beni e attività degli ebrei a favore di membri del partito nazista, nonché con l’omicidio dei proprietari ebrei.

Tedesco = ariano; non-ariano = anti-tedesco

Una settimana dopo, il 7 aprile 1933, la legge per la restaurazione del servizio civile professionale limitò agli “ariani” l’occupazione nel settore pubblico, vietando di fatto ad ogni ebreo di prestare servizio come insegnante, professore, giudice, o di avere altri ruoli nella pubblica amministrazione. I dipendenti pubblici ebrei vennero licenziati, inclusi gli insegnanti, i docenti universitari e, poi, i medici . Nel 1935, le leggi di Norimberga tolsero a tutti gli ebrei la cittadinanza tedesca e stabilirono che:

«Una persona è da considerarsi non ariana se discende da non-ariani, e soprattutto da genitori o nonni ebrei. È sufficiente che un genitore o un nonno sia non-ariano. Questo deve essere assunto in particolare quando un genitore o un nonno era di religione ebraica».

In tal modo, non solo gli ebrei cessavano di essere tedeschi, ma si stabiliva che i soli veri tedeschi erano gli ariani e che essere non ariani equivaleva ad essere anti-tedeschi. In linea con tale assunto, prima del genocidio e dei relativi forni crematori, ci furono anche i roghi in piazza dei libri scritti da autori ebrei.

Alberto Quattrocolo

[1] Il boicottaggio antisemita del 1° aprile si svolse ad appena tre mesi dalla nomina di Hitler alla Cancelleria del Reich, e neanche un mese dopo elezioni che avevano confermato il Partito Nazista come la formazione politica più votata (44% dei voti) e avevano fornito una legittimazione elettorale definitiva ad Adolf Hitler, cui il presidente della Repubblica, l’anziano Hindenburg, per l’appunto, aveva già affidato il 30 gennaio l’incarico di cancelliere.

[2] Ne facevano parte, tuttavia membri di primo piano del NSDAP o di organizzazioni a quello collegate, tra i quali: Julius Streicher (il presidente), Robert Ley, Heinrich Himmler (riguardo al suo ruolo nell’Olocausto si vedano questo e quest’altro post, nonché quello sulla deportazione degli ebrei del ghetto di Roma), Hans Frank (abbiamo ricordato la sua parte nello sterminio degli ebrei polacchi nel post Quelli del ghetto di Varsavia). Si trattava di una mascherata che nessuno poteva prendere sul serio, visto che fin dal giorno dopo le elezioni di quel marzo del ’33 erano vertiginosamente cresciute le violenze dei nazisti ai danni degli ebrei, assassinii inclusi. Inoltre le SA avevano impedito agli avvocati ebrei di raggiungere le sedi dei tribunali.

Fonti

William L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Giulio Einaudi editore, Torino, 1962

www.lanzone.it/Shoah/Schede/boycot.htm

ww.it.wikipedia.org

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